Cari
lettori, oggi siamo qui per parlarvi della mostra sul pittore Antonio Ligabue
“Antonio Ligabue. L’ora senz’ombra. Il riconoscimento come artista e come
persona” che abbiamo visto alla Galleria Bper Banca di Modena durante un’uscita
didattica con la nostra classe.
La mostra, aperta dal 16 settembre 2022 al 5 febbraio 2023, trattava il tema della ventiduesima edizione del "Festivalfilosofia", che si tiene a Modena, Carpi e Sassuolo, cioè la giustizia. Attraverso le opere di Ligabue, infatti, c’era la finalità di portare il pubblico a riflettere a proposito della tematica della diversità e dell’inclusione tramite la vita dell’artista che è stato vittima di pregiudizi solo per la colpa di essere diverso, con l’idea quindi di dare giustizia a Ligabue per ciò che ha vissuto, rendendogli omaggio.
Il
percorso espositivo, curato da Sandro Parmiggiani, si sviluppava a partire da
quattro dipinti appartenenti alla collezione d’arte della banca con l’aggiunta
di una ventina di opere provenienti da collezioni private, scelte per
rappresentare al meglio i filoni a cui Ligabue si è dedicato passando dalle
lotte tra gli animali selvaggi agli autoritratti o a scene di vita quotidiana
che l’artista ha vissuto. I quadri in questione sono stati realizzati tra il
1929 e il 1962, anno in cui Ligabue, a causa di problemi di salute, è
impossibilitato a dipingere.
Il catalogo della mostra è stato arricchito da alcune testimonianze che ricostruiscono la vita di Ligabue e le sue vicissitudini psichiatriche provenienti dall’Archivio ex Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia e raccolte grazie al direttore del Dipartimento ad attività integrata Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Gian Maria Galeazzi e della responsabile Chiara Bombardieri.
Il catalogo della mostra è stato arricchito da alcune testimonianze che ricostruiscono la vita di Ligabue e le sue vicissitudini psichiatriche provenienti dall’Archivio ex Ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia e raccolte grazie al direttore del Dipartimento ad attività integrata Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Gian Maria Galeazzi e della responsabile Chiara Bombardieri.
Tuttavia, la madre biologica sposò Bonfiglio Laccabue, emigrato in Svizzera dal comune italiano di Gualtieri, il quale considerò Antonio il suo legittimo figlio, dandogli il proprio cognome. Il pittore, però, da adulto, cambiò il cognome in Ligabue per l’odio maturato negli anni nei confronti del padre. Il percorso della sua educazione fu pieno di disagi, infatti, lo sviluppo fisico, mentale e psichico del giovane artista venne compromesso dalle sue disabilità ovvero il rachitismo e il gozzo. Si distingueva per la sua capacità creativa e per il suo pessimo comportamento.
Nel 1917, dopo un violento sfogo nei confronti della madre adottiva, venne ricoverato per la prima volta nella clinica psichiatrica di Pfäfers e, nel 1919, venne espulso dalla Svizzera su denuncia della madre adottiva e disertato a Gualtieri, vicino a Reggio Emilia, il paese di origine di Bonfiglio Laccabue. Così, Antonio Ligabue diventò un esule e un estraneo, odiato ed emarginato da tutti. L’artista si ritrovò allontanato dalla famiglia e dal poco affetto che riceveva, non potendo, inoltre, comunicare con le persone intorno a lui perché non sapeva parlare l’italiano, che non ebbe opportunità di imparare poiché nessuno lo considerava degno della conversazione. L’uomo, abbandonato e discriminato, fu costretto a vivere ai margini della società e su questo precipizio traballante del mondo, Antonio Ligabue si rivolse all’arte per compagnia ed espressione di sé. Con le sue dita neglette dall’affetto umano prese il pennello e iniziò a conversare con l’arte. Sopravviveva giorno per giorno, scambiando i propri dipinti per un pranzo e comprando con i pochi soldi nuovi materiali per la pittura.
Nella sua vita viene ricoverato diverse volte in manicomio a causa della sua personalità irascibile e violenta e del suo comportamento autodistruttivo. Muore il 27 maggio 1965 alla casa di riposo Carri di Gualtieri.
I soggetti affrontati da Ligabue sono vari. Innanzitutto è possibile osservare scene dai suoi ricordi di infanzia dipinte con una certa bramosia per la vita che dovette lasciare conto la sua volontà. Inoltre, ritrae molti paesaggi della sua nuova ubicazione, con scene di vita quotidiana nei campi, anche se preferiva raffigurare animali, domestici o esotici, in situazioni di calma o di tensione. Molti di questi ritratti effigiano scene di caccia e violenza terribile nel regno animale, quasi sinonimi della situazione sociale del pittore stesso. Sono frequenti anche gli autoritratti di Ligabue in cui documenta e ricorda sé stesso mentre viene dimenticato dagli altri.
Ligabue viene definito infatti dal curatore della mostra «un artista tragico» perché nelle opere emerge l’aspetto angoscioso della sua vita tanto che sono diversi i quadri che hanno come soggetto la lotta per la sopravvivenza tra gli animali in cui l’autore si identifica nella vittima che viene sacrificata.
Antonio Ligabue è uno fra i tanti artisti che è stato sottovalutato e reso quasi sconosciuto per colpa di un pregiudizio e di una società che non ha avuto il coraggio di andare oltre a ciò. Ha avuto un'infanzia difficile che lo ha portato ad avere comportamenti violenti e di conseguenza a essere emarginato dal resto della popolazione. Ligabue ha dovuto combattere contro la solitudine che si era creata intorno a lui quando tutto quello che desiderava era solo l'amore che gli era stato negato. Si rifugiava allora nella pittura dove trovava sfogo essendo l'unico mezzo con cui riusciva a esprimere i suoi sentimenti e le sue sensazioni, creando opere dal forte potere evocativo che riescono a trasmettere all'osservatore ciò che l'artista provava.
Negli autoritratti, Ligabue si rappresenta in modo realistico, senza tralasciare aspetti considerati antiestetici. In questo esempio sono osservabili i suoi baffi, il grande naso e le orecchie altrettanto smisurate. Tuttavia, il tratto più accattivante sono i suoi occhi che dimostrano una grande profondità e un grande dolore.
Il dipinto "Leonessa che azzanna una zebra" raffigura la scena di un’aggressione brutale da parte di un leone che con i suoi denti affilati straccia il collo di una zebra mentre gli altri animali sfuggono alla sorte della povera preda. Il realismo nella rappresentazione è sorprendente poiché questi animali sono assenti come riferimento al pittore. In questa scena, come in altre di brutalismo naturale dei diversi predatori nei confronti della preda, è facile trovare nella bestia cacciata una raffigurazione di Ligabue stesso.
VITTORIA AIOLFI - PAOLA BRAVO - PRABH CHAGGAR - 3^B LS
0 commenti:
Posta un commento