Bentornati cari lettori del Mattei’s Blog, oggi vi vorrei
invitare ad un matrimonio di tutto rispetto se non fosse che la damigella è innamorata
dello sposo… quindi, cosa potrebbe andare storto!?
E’ facile gridare al cult quando un film ha ingredienti come: un
matrimonio, l’amicizia, Julia Roberts e una canzone come I say a little prayer di Aretha Franklin.
Nel film Il matrimonio del mio migliore amico c’è questo e molto altro: c’è una trama, ci sono i rapporti del singolo (o meglio della single) con tutti i personaggi, c’è un’analisi femminile di tutto rispetto, nonostante sia tutto raccontato con leggerezza come è tipico delle buone commedie americane.
Di fatto questo film è la storia della parabola femminile per eccellenza: la gelosia, le macchinazioni, la consapevole
sconfitta in amore e la vittoria, nonostante tutto, della vita.
Tra Julienne e Michael vi era anche un antico accordo, secondo il quale i due si sarebbero sposati se non avessero trovato l’anima gemella dopo aver compiuto 28 anni.
Julianne, però, presa da impeto di gelosia e resasi conto di voler stare con Michael, è determinata nel voler impedire le nozze, nonostante gli avvertimenti del saggio amico di sempre: George (un magnifico Rupert Everett).
Alla fine tra Michael e Jules, come la chiama affettuosamente George che la monitora continuamente, un bacio ci sarà e creerà lo scompiglio necessario per far capire a tutti i componenti del triangolo quello che vogliono per davvero: Kimmy e Michael convoleranno a nozze, e Jules?
Le interpretazioni sono tutte formidabili e iconiche, la colonna sonora (ad opera di James Newton Howard, candidata all’Oscar nel 1998) arricchisce le scene rendendole sentimentali secondo il più riuscito cliché delle commedie americane.
Potrebbe sembrare un film fatto per il pubblico femminile, per assecondare i romanticismi diffusi e svenevoli, ma in realtà è una storia per tutti che fa ridere e riflettere, seppur con leggerezza. Le commedie, non bisognerebbe dimenticarlo, servono a questo, anche quelle più sempliciotte come questa può solo apparentemente sembrare.
Il ritratto di donna che ne viene fuori è quello di una vincente, una che decide di perdere consapevolmente la battaglia per vincere tutta la guerra, una che perde il suo “presunto” amore per ottenere la più importante conquista: se stessa.
Come sempre se la recensione vi ha incuriosito vi lascio il trailer: https://youtu.be/ZFKbv02gkAo
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