venerdì 25 novembre 2022

UN SOGNO E' PER SEMPRE - racconto di sport parte II

 A casa lo attendevano la madre e Jim; il ragazzo arrivò ansante per la corsa fatta dal campo di gioco: quella losca figura era un osservatore del Newcastle, famosa e titolata squadra della Premier League, e aveva deciso di convocarlo per un provino: il paragone con uno dei mostri sacri del calcio, Drogba, alimentò ulteriormente l’entusiasmo del ragazzino in grado ora di toccare il cielo; la casa fu invasa da una felicità incontenibile. Tutto andò per il meglio, e dalle strade che per lungo tempo erano state il tempio del gioco di Cole, si passò al professionismo. La novità del suo successo si sparse in fretta e furia, viaggiando da una bocca all’altra sempre con un alone di orgoglio e contentezza nei suoi confronti, finché la notizia non arrivò a Timmy Williams, ragazzino della stessa classe di Hunter: stazza robusta, folta chioma bionda raccolta in ciuffo che ricadeva sul volto ancora bambinesco dove risaltavano i glaciali occhi azzurri; condivideva con Cole una passione straordinaria per il gioco del pallone e un'abilità, una tecnica naturale, dono per pochi prescelti. Il ragazzo fu colto da un’invidia straripante e i due, prima in buoni rapporti, finirono per avere un aspro confronto, conclusosi nel peggiore dei modi: testimoni l’occhio nero e gonfio di Hunter da una parte, il sangue che colava imperterrito dal naso di Williams dall’altra.


Esclusa questa piccola parentesi, il percorso di Cole nelle giovanili del Newcastle fu netto, caratterizzato da una fame, da una cattiveria agonistica tipica di chi vien dal nulla. Allenamento dopo allenamento, stava componendo come una splendida sinfonia di note piccole e fondamentali, che ben presto tutti avrebbero intonato. Il primo movimento dell’opera era stato concluso, il secondo stava per bussare alla porta: la chiamata in prima squadra. Le prestazioni, l'atteggiamento, la qualità: tutto aveva convinto; Cole era pronto per il grande salto: la convocazione arrivò inaspettata ma il giovane seppe rispondere “presente”. La squadra, che attraversava un periodo tutt’altro che roseo, aveva bisogno di spirito e carica nuova, della grinta di cui solo i giovani sono capaci, perché ancora vogliosi di spaccare il mondo e diventare pezzi pregiati nella vetrina dei talenti; per salvare la stagione e evitare una fallimentare retrocessione la squadra necessitava di una scossa, e questa scossa aveva nome e cognome: Cole Hunter.

Minuto 69. Si alza la lavagnetta: numero rosso, il 9 - numero verde, il 22. Significato inequivocabile: il ragazzino è dentro, fra la curiosità di tanti e lo scetticismo di molti. Questo è davvero quello di cui la squadra ha bisogno? Ha davvero le capacità necessarie? Saprà reggere la pressione? Cole entra in campo con la semplicità e la tenacia di sempre, non avverte alcun peso e, anzi, porta su quel rettangolo divertimento, perché per lui il calcio vero è fatto di questo. Eppure tutto è fermo, bloccato sullo 0-0. Il tempo è tiranno, inesorabile. La partita sembra conclusa, quando il pallone carambola sul piede del 22, che insacca e non perdona:1-0. E’ tutto vero. Corre all’impazzata, inarrestabile, si getta poi sotto la curva dei tifosi che lo acclamano come nuovo prescelto. Uno stadio intero grida a squarciagola il suo nome, mentre i compagni lo travolgono e gli prendono il volto fra le mani. Esultanza sfrenata. Delirio totale. Il suo esordio è un ingresso in paradiso, solo l’apice di una scalata che ha radici nell’inferno. Tutto dura, però, una frazione di secondo, perché è subito ora di riprendere posto e difendere agguerritamente il risultato. Prima di mettersi in posizione, Cole cerca, però, il numero uno fra i suoi fan. Lo aggancia: lui ha gli occhi fissi sul suo gioiellino, ricolmi di orgoglio perché la soddisfazione più grande della sua vita è arrivata ora grazie al nipote. I due si scambiano uno sguardo complice, che racchiude il mondo. Gli ultimi minuti sono un continuo assalto della squadra avversaria, che non riesce tuttavia a trovare la via del goal. Triplice fischio: il campo ha decretato il suo giudizio. 1-0 Newcastle, marcatore Hunter. La giovanissima stella della squadra viene idolatrata, il goal da vero e proprio rapace d’area gli porta tantissimi complimenti. E tutto questo è solo l’inizio di un grande sogno che finalmente può chiamarsi realtà.


Il continuo della stagione fu da favola, i numeri impressionavano e Cole diventò fondamentale per la squadra: grazie a lui la salvezza fu ampiamente raggiunta. Oltre ad essere diventato il beniamino dei tifosi, il giovane prodigio aveva attirato su di sé l’interesse di tutti i top club europei: la classe era unica e il talento magistrale. Milan, Bayern Monaco e Atletico de Madrid insistettero fortemente per Hunter, divenuto  pezzo pregiato sul mercato. Dopo una trattativa lampo, Cole firmò ufficialmente per il club dei suoi sogni, dove, oltre al nonno, aveva militato anche il suo idolo Cristiano Ronaldo. Gli venne offerta la possibilità di indossare la maglia numero 7, che era stata del fuoriclasse portoghese; tuttavia rifiutò la proposta, che non poco lo aveva lusingato, a favore della 29.

Sfortunatamente non sempre tutto va per il verso giusto: le difficoltà si presentano sempre sul più bello, a rovinare tutto. A volte sono piccoli sassi che intralciano il cammino, altre volte muri invalicabili. Possono essere un fiumicello che scorre veloce, o un intero oceano in tempesta che bisogna attraversare. Infatti, per tutta l’estate un vuoto nero aveva riempito la mente di Cole, che si ritrova a dover fronteggiare un nemico che non poteva sconfiggere: ineluttabile la morte, prima o poi, bussa alla porta di tutti. Anche a quella di Jim. D’improvviso: infarto, il 29 giugno. Ecco il perché della maglia. Anche in punto di morte, il nonno combatteva con tutte le sue forze e Cole lo aveva visto. Li aveva lasciati col sorriso, dopo aver parlato col nipote: sebbene avesse già raggiunto traguardi straordinari, non si sarebbe dovuto accontentare; la fame doveva essere quella di sempre, la stessa che lo aveva condotto in alto. Jim era molto orgoglioso di lui, ma questo non glielo disse. Si lasciarono con un abbraccio, un abbraccio che valeva più del pane quando a casa mancava il cibo, o dell'acqua quando il freddo regnava sovrano. Valeva molto, molto di più quell’ultimo abbraccio tra loro. All’orecchio, una frase, che sarebbe rimasta stampata nella memoria e impressa nel cuore di Cole: "un sogno è per sempre". Da quel momento, si convinse che, dall’alto del cielo, una stella, la sua stella, vegliasse su di lui. Poco dopo, il buio.

Quei mesi d’inferno passarono lenti ed esasperanti; l’unico faro della sua vita rimase la madre, pronta a supportare il figlio come spesso aveva fatto. Questo, fino alla fatidica chiamata. Ulteriore pezzo, pur sempre fondamentale, dello stratosferico puzzle che si stava venendo a formare. Ebbene, davanti a Cole si prestava un sipario spaventoso: da subito il gioco ad alto livello si dimostrò finalizzato a un solo scopo: vincere; non importava come, il fine giustificava i mezzi, il risultato ciò a cui bisognava arrivare. Non era più il suo calcio, quello puro del divertimento di un ragazzino spensierato: era lo sport dei milioni, lo sport dei soldi sporchi. Tuttavia Hunter si ribellò: aveva raggiunto il club dei suoi sogni con semplicità e genuinità, ispirato dai suoi più grandi idoli, e voleva continuare a vincere da guerriero combattendo col sorriso. E così fu: l’eleganza del suo gioco lo aveva contraddistinto nell’inizio burrascoso al Manchester, ma il calore del tifo non era tuttavia lo stesso, tanto meno l’atmosfera: avrebbe voluto volare in campo ma ogni giocata era pesante e alimentatrice di focose critiche, sempre più numerose e ingenti.

17 ottobre 2017, Manchester United-Leicester City. Il mister non demorde, ancora fiducia ad Hunter. Peccato per l’ennesima prestazione sottotono, senza sicurezza e troppo timoroso di sbagliare. E la paura, nel calcio come nella vita ha le gambe corte. Corre il minuto 27. Palla a metà fra Cole e il 19 avversario. Entrambi si avventano sul pallone. Uno, una lepre; l’altro, un leone. La scivolata risulta cattiva, intervento di pura foga che, dopo aver spostato la sfera, si infrange sulla caviglia della giovane stella. Dolore incontenibile. Si accascia a terra. Tutto nero. La barella. Dolore inconcepibile. Due profonde fratture: una della caviglia, l’altra del cuore. Dolore logorante. Buio pesto.

Nuovamente conscio, Cole si ritrovò in infermeria, dove le buone notizie sono dietro l’angolo: la violenza dell’impatto era stata tale da fargli perdere i sensi, ma ciò che più preoccupa era l’entità dell’infortunio: “lesione profonda, fuori cinque mesi”. Queste parole rimbombarono ripetutamente nella testa dell’asso inglese, senza trovare collocazione vagando nel mare della sua mente in cerca di un’introvabile terra ferma. Disperazione, paura, angoscia gli stravolsero l’animo: una carriera troncata sul nascere, un fiore potato sullo sbocciare. Ma senza difficoltà, d’altronde, che vita sarebbe stata? Demordere sul più bello? Non era la scelta di Cole: dopotutto, un sogno è per sempre.

CONTINUA...


CRISTIAN MALLARDO - 2^A LS

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