Nei
mesi successivi, si utilizzarono solo tre termini: fatica, lavoro, sudore.
Nient’altro. I desideri devastati di un bambino oramai cresciuto ripresero
forma sotto forma di convocazione, e non una qualsiasi, ma una veramente
speciale: la finale di FA Cup.
Prima
di attraversare il tunnel che lo conduceva alla tela verde su cui dipingere la propria
passione, Hunter ripensò a ciò che si era dovuto conquistare con il sangue,
agli sforzi che aveva fatto per essere lì; nei pensieri anche Jim, emozioni e
sensazioni note, altre che non riusciva a controllare. Ma in campo non doveva pensare
a nulla. Solo a giocare e a vincere.
5 Gennaio 2018. L’atto conclusivo della competizione percorso vede opporsi due rivali storiche: Manchester United e Liverpool. Fra le fila avversarie, Cole scorge, dalla panchina un volto familiare, ed è un salto nel passato. Lo mette a fuoco: quel ciuffo e biondo e la stazza non possono mentire. Timmy Williams veste la 9 del Liverpool. Un vuoto nello stomaco coglie Hunter. L’avversario gli sorride, beffardo. Cole freme, la sua squadra, passa in svantaggio proprio grazie a una prodezza aerea di Williams, riuscendo a riacciuffare il match a tre minuti dallo scadere con un contropiede orchestrato alla perfezione. Supplementari. C’è bisogno di un azzardo. Finalmente può tornare ad assaggiare l'ebbrezza di una vita. Il 29 sulle spalle e un obiettivo definito nella testa. La partita è stravolta dal suo ingresso, lo United domina e propone un calcio spettacolo che non anima i tifosi da tempo: a capo della banda, un astro nascente, un gioiellino che sta infiammando il match a suon di giocate strepitose, avendo già colpito un palo con un violento colpo di testa sugli sviluppi di un’azione manovrata con cura e qualità, sfiorando così il vantaggio, con un brivido lungo e intenso. Ma il calcio è imprevedibile. Azione di rimessa e angolo per il Liverpool.
Tutti
dentro a saltare e a difendere. La palla è tesa, forte. Accade l’impensabile: Cole
la intercetta in pieno col braccio. Per l’arbitro non ci sono dubbi, ed è
calcio di rigore. Fra le proteste animate e scurrili, al numero 29 è crollato
il mondo addosso. E’ inconsolabile. Gli si crepa l’anima, dilaniata da un nero
nulla. Williams si appresta a battere: sicuro e intraprendente può regalare la
vittoria ai suoi, basterebbe calciarla dentro ma non vince la pressione dagli
11 metri. Il portiere indovina l’angolo. Urlo che squarcia l’aria all’Old
Trafford, il teatro dei sogni dove si sta disputando la gara. Per festeggiare
non c’è tempo, ma per un’ultima e disperata azione sì, eccome se c’è! Lancio
lungo e misurato. Lo stop è di una delicatezza sofisticata, la palla viene
accarezzata ad ogni tocco, per arrivare, infine, al cross. Il tocco è perfetto,
morbido e preciso al punto giusto. Il pallone pesa, pesa più di tutti quelli
che Cole abbia mai solo immaginato di calciare. Il cuore fuori dal petto, gli
occhi fissi che divorano il suo obiettivo. La giovane promessa impatta col
collo del piede come gli è stato insegnato dal suo più grande maestro, il nonno
Jim. Precisione e potenza convergono in un tiro che è destinato alla storia.
Il
pallone scheggia la traversa per poi gonfiare prepotentemente la rete. Rimonta
completata: Liverpool 1, Manchester United 2. La firma del goal della vittoria
ha un nome e un cognome: Cole Hunter, ancora una volta.
Grida che osannavano il suo nome, compagni che lo travolgevano e lo lanciavano per aria. Questo è il calcio: universo di emozioni contrastanti, dove le regole vengono scritte per essere infrante per una gioia devastante da una parte, e una sconfitta amara dall’altra. Cole cercò la solitudine vicino alla bandierina, stravolto e steso per terra, mentre gli altri cominciavano già a darsi ai festeggiamenti. In realtà Cole era accompagnato, scrutato, protetto. Via la maglia: la stese sul prato. Il 29 al cielo, mentre con un bacio salutò il nonno: Avevano vinto insieme anche quella volta. Dopotutto, un sogno è per sempre.
CRISTIAN MALLARDO - 2^A LS
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