Nel corso dei secoli l’arte è mutata tantissimo, così come la sua concezione.
Il termine arte deriva dal greco “techne”, traducibile in “machine” latino, e dal termine “ars, artis”, parole con cui si intendevano le abilità specifiche correlate a un mestiere concreto.
Basti pensare che il termine “ars” è la radice di parole come
artigianato, artificiale… A indicare qualcosa che va creato perché non presente
in natura.
L’arte è comunicazione, rompe tutte le barriere linguistiche, infatti è, forse,
una delle forme comunicative più efficaci.
Perché l’uomo primitivo ha usato le
pitture rupestri per raccontare una storia o per ricordare un evento o a scopo
propiziatorio? O per tutti questi motivi? Di sicuro si tratta di un metodo
comunicativo comprensibile a tutti, anche a noi a secoli di distanza.
Infatti quando ci si riferisce
all’arte si parla spesso di “universalità”, nonostante questa sia riflessione
di un contesto storico-culturale è anche riflesso interno dell’artista, dei
suoi sentimenti.
L’uomo in quanto appartenente alla
specie umana prova determinati sentimenti ed emozioni che possono più o meno
essere comprensibili ad altri. L’empatia e la compassione fanno parte del
nostro patrimonio genetico, ecco perché ci sentiamo turbati dall’Urlo di Eduard Munch o dall’arte
metafisica, mentre rimaniamo incantati dalla Gioconda di Leonardo da Vinci o dalla Ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer.
L’uomo ha una propria individualità,
un castello interiore che può esprimere attraverso l’arte là dove le parole non
riescono ad arrivare.
Ci sono alcune emozioni, esperienze,
condizioni che non possono essere espresse parlando, né si potrebbero intendere
in tal modo. Sono comprensibili solo nel momento in cui vengono raffigurate.
Per secoli l’artista non si è distinto dall’artigiano.
Questa separazione ha avuto inizio
solo a partire dal Medioevo quando iniziò ad essere diffuso nella popolazione
il dubbio di inserire l’artista/artigiano nelle arti meccaniche o nelle
liberali. Inoltre in questo periodo compare anche nelle opere la firma
dell’artista.
La distinzione tra le due figure
diventò più profonda attorno al XV secolo, quando venne coniato il termine
tedesco “kunst” che comprendeva il significato di arte collegata alle materie
intellettuali.
Infatti a partire da quel momento
l’artista iniziò a essere lentamente considerato un intellettuale.
Diversi storici hanno tentato di
definire il ruolo dell’artista.
Secondo Vico e successivamente anche secondo Garroni l’arte è alla nascita
della società. Essa si pone quasi come tappa fondamentale della formazione di
una popolazione.
Secondo Burckhardt Jacob, storico
svizzero, invece, l’arte è il risultato di capacità interne, poiché egli -l’artista-
riesce a prendere qualcosa che è dentro di sé e tirarlo fuori trasformandolo in
qualcosa di concreto, visibile a tutti, seppur non da tutti comprensibile.
Successivamente, secondo D.
Formaggio, l’arte è tutto ciò che le persone vogliono nominare come tale, ne
deriva che chiunque dica di esercitare l’arte possa definirsi artista. Tuttavia
altri due studiosi, B. Frey e W. Pommerehne, ci sono dei parametri per
riconoscere un artista:
-la persona deve essere definita
artista dal pubblico;
-la persona deve essere definita
artista dagli esperti;
-la persona deve considerarsi
artista -il tempo che si dedica all’esercizio dell’arte;
-il reddito che si riceve per tale
lavoro;
-un attestato/laurea da enti o
scuole come l’Accademia di Belle Arti;
-qualità dell’opera (sempre che sia
possibile definirne la qualità).
Secondo altri l’artista è colui che
non potrebbe vivere senza arte.
Quindi da questi esempi si può
notare come a partire dal Medioevo l’artista e l’artigiano abbiano iniziato a
direzionarsi su binari diversi, ciò non significa opposti.
L’artista si evolvette verso la
figura di intellettuale, allontanandosi da semplice operatore.
Nel saggio Operazione e metaoperazione. L’arte come risvolto riflessivo della tecnica di Emilio Garroni, l’autore pone una necessaria distinzione da fare quando osserviamo un’azione.
Bisogna distinguere quella visibile
da quella invisibile della componente metaoperativa. Per comprendere questo
concetto l’autore parla della realizzazione degli oggetti. C’è lo scopo
immediato che consiste nella costruzione dell’opera e quello seguente, non
immediato che potrebbe o meno realizzarsi. È in questa divisione di scopi che
la meta-operatività trova spazio: costruire un oggetto per scopi successivi che
possano o meno avere riscontri nella realtà.
Garroni dice che l’uomo ha iniziato
a distinguersi dagli animali proprio nel momento in cui ha attuato la
meta-operatività. Questa si trova nel passaggio di concepire la felce da
strumento utile a materiale per realizzare altri oggetti.
L’arte ha una componente prettamente
metaoperativa, ovvero il suo scopo secondario (quello che non consiste nel
completamento dell’opera stessa) è tutt’altro che immediato; è successivo
eppure non comprensibile a tutti, fondamentalmente perchè dell’arte non si fa
nulla di concreto, ma l’uomo basa la sua sensibilità su concetti astratti di
cui l’arte è ottima mediatrice.
Quando ci poniamo di fronte a
un’opera d’arte per analizzarla dobbiamo necessariamente conoscere il contesto
storico-culturale e la biografia dell’artista. Infatti è noto che l’arte è da
sempre contemporanea: è un
riflesso del contesto nel quale
l’artista si forma e dal quale è circondato.
Opere, stili pittorici, ecc. non
sarebbero comprensibili se non collocati in
un contesto storico.
Basti pensare all’arte novecentesca,
senza ombra di dubbio rivoluzionaria, seppur a un primo sguardo possa apparire
insensata, è in realtà il riflesso di una società in cambiamento.
Il Novecento è stato piegato dalle
due Guerre Mondiali e dai Dopoguerra, la società ha attuato modelli
consumistici, ha avuto luogo la Seconda rivoluzione industriale…
L’arte dello scorso secolo non
sarebbe concepibile senza considerare questi aspetti.
Guernica di Pablo Picasso sarebbe incomprensibile fuori dal suo
contesto bellico.
Oltre a ciò è necessario considerare
anche la vita degli artisti, le loro esperienze, influenze ed emozioni.
A questo punto si possono capire
alcune scelte e rappresentazioni quali le feste al Mouline Rouge di Toulouse
Lautrec, la cui vita fu caratterizzata per un periodo dalla frequentazione di
certi ambienti.
I dipinti di Paul Gauguin sarebbero
inspiegabili senza sapere del suo viaggio in Estremo Oriente e gli esempi
potrebbero continuare all’infinito.
In conclusione possiamo affermare che
lo sviluppo dell’arte ha rappresentato un importante passaggio nel corso
dell’evoluzione umana in cui l’uomo ha iniziato a concepire ciò che lo
circondava in modo diverso, sviluppando, così, la metaoperatività descritta da
Garroni.
Tuttavia fermarsi a questa visione sarebbe riduttivo, infatti, come detto
precedentemente, arte è anche comunicazione di azioni, fatti, ecc. ma
soprattutto di emozioni.
In questa espressione di sentimenti
l’artista ha avuto talvolta piena libertà, talvolta, invece, è stato vincolato,
basti pensare ai rigidi canoni Greci, fortunatamente questi schemi rigidi sono
per lo più tipici del passato.
Questo ha permesso che nel corso
degli anni si siano susseguiti artisti diversi, stili diversi, materiali
diversi, eppure proprio questa diversità ci permette, oggi, di godere di quelle
piccole finestre sul passato in grado di proiettarci ad un’arcaica caccia, a un
lancio del disco, alla vita a Pompei, alla rivolta del Terzo Stato, a un
laghetto ricco di ninfee, a una passeggiata domenicale a fianco della Senna, a
un vorticoso cielo stellato…
Se la scienza ci spiega
l’impossibilità di viaggiare nel tempo, l’arte offre vie alternative per farlo,
senza mai dimenticarsi delle emozioni che vengono suscitate in noi osservando
quella piccola scheggia di storia o di pensiero, di sentimento, di sensibilità.
“L’arte
deve confortare il disturbato e disturbare il comodo.” - Banksy
Arianna Cilente, 3ALS
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