“Penso che con la musica sia così importante evolversi, e questo si estende ai vestiti, ai video e a tutto il resto. Ecco perché si guarda indietro a David Bowie con Ziggy Stardust o ai Beatles e alle loro diverse epoche: essere impavidi è super stimolante.”
Harry Styles
Nell’articolo introduttivo vi
abbiamo parlato della mascolinità tossica, accennandovi che per questo periodo
avremmo voluto analizzare e parlare della musica anche dal punto di vista
sociale, i valori che trasmette. Se doveste chiedere ad un ragazzo/a della
nostra generazione quale secondo loro chi è adesso l’artista che maggior mente
cerca di combattere la mascolinità tossica, sentirete sicuramente il nome di
Harry Styles.
Ma chi è Harry Styles e cosa
c’entra con la mascolinità tossica?
Harry styles è un cantautore
britannico, che è noto al pubblico mondiale come ex membro di una boy band
famosa, gli One Direction. Nel 2017 intraprende la sua carriera da solista,
riscontrando molto successo, noto infatti per la famosa canzone Sign of The
Times, o più recentemente per Watermelon Sugar.
Fin dall’inizio della sua
carriera Harry Styles si è mostrato come un ragazzo molto aperto mentalmente e
ne è stata una dimostrazione concreta la sua recente apparizione su una nota
rivista.
Il cantante a dicembre 2020 fece
la sua apparizione sulla copertina della rivista Vogue America, divenendo il
primo uomo ad apparire sulla rivista americana.
Durante lo shooting fotografico
Harry Styles indossò un abito strabiliante (oltre ad altri look eccezionali)
che lasciò a bocca aperta tutti quanti, o quasi. Partendo in attacco, Candice Ownes,
un’attivista conservatrice americana twittò:
«Non esiste società che possa
sopravvivere senza uomini forti. L’Oriente lo sa bene. In occidente, la
costante femminilizzazione dei nostri uomini nello stesso momento in cui il
marxismo viene insegnato ai nostri figli non è una coincidenza. È un vero e
proprio attacco. Ridateci gli uomini virili».
Harry Styles oltre a dedicare un
post con una risposta accattivante nei confronti della Ownes scrivendo in
descrizione “Bring back manly men”, durante un’intervista per Variety disse:
“Chiedere di non indossare
qualcosa perché appartiene alla sfera di abiti femminili preclude la
possibilità di indossare un mondo intero di vestiti. Io penso che la cosa bella
di questo momento storico sia che puoi indossare quello che vuoi. Non deve
essere X o Y. Queste limitazioni stanno diventando sempre meno nitide”.
Non manca una risposta italiana,
questa volta da Caterina Collovati, una giornalista che ha espresso la sua
opinione durante la trasmissione di Ogni Mattina, in occasione di un
dibattito riguardante il crossdressing, riguardante gli abiti indossati dal
cantante per la rivista:
“Io non amo affatto l’uomo che si
traveste da donna, né la donna che scimmiotta l’uomo. Per me si tratta di
menzogna, di finzione, di pagliacciata e di esibizionismo; è solo un’operazione
di marketing quella di Harry Styles. Non c’entra niente l’identità sessuale,
anzi, con questo fenomeno si sta svilendo la battaglia dell’identità sessuale.
Io dico che ridicolizzare un maschio, come Harry Styles, mettendolo in abiti
femminili è fuorviante, è un messaggio circense, mi viene in mente il
pagliaccio del circo”.
Ma perché è importante capire bene da che parte stare quando succedono determinate cose?
La costante necessità di
appartenere ad una singola etichetta, maschile o femminile, insegnataci sin da
piccoli, ha limitato maggiormente la possibilità di sperimentare, giocare, tra
le due etichette. Da piccoli veniamo costantemente indirizzati verso una
singola categoria, costringendoci a vedere un solo tipo di realtà, senza
considerare minimamente l’altra faccia della medaglia. Fortunatamente ora
vediamo maggiore ribellione da parte di chi non si impone un’etichetta, di chi
ama essere sé stessi senza porsi domande, andando contro i canoni di una
società che vede radici profonde nel patriarcato.
E’ importante rendersi conto che
in un periodo storico come questo si stanno facendo passi enormi dal punto di
vista sociale: una grande rivoluzione è anche solo partire dai vestiti, non
etichettandoli necessariamente come maschili e femminili, scegliersi i vestiti
perché ci piacciono e non perché appartengono a quella etichetta.
E perché bisogna essere uniti di
fronte a un problema come la mascolinità tossica? Perché è da lì che partono i
più grandi problemi che una società possa avere: si parte convincendo un bambino
che deve giocare con le macchinine, che le barbie sono da femminucce e che
essere una femminuccia è da deboli. Questo bambino crescerà con l’idea che
piangere è da donne, che gli uomini come lui devono essere forti, devono
portare i soldi in casa, che deve trovarsi una donna che gli cucini la cena
quando torna a casa. Questo bambino vivrà sulla sua pelle la pressione di una
società che considera gli uomini l’anello forte, mentre le donne coloro che
devono occuparsi dei bambini e della casa. Partire da una cosa semplice come
insegnare ai bambini che si può giocare alle Barbie e indossare un vestito che
gli piace è il primo step che ci porterà a vedere davvero un’uguaglianza di
genere, arrivando a vivere in una società che considera il fatto di piangere,
indossare gonne, avere i capelli corti, mettere lo smalto, occuparsi dei
bambini, è un qualcosa di normale da parte di entrambi i generi.
Avere persone famose come Harry
Styles, che hanno la possibilità di indirizzare all’apertura mentale, è un
grande vantaggio perché si ha la possibilità di avere un conforto per tutte
quelle persone che si trovano da sole a combattere una battaglia contro una
società che ti vuole in un solo modo.
Suha Marmash, 4Alsu
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