domenica 1 maggio 2022

SECONDO PREMIO RACCONTI BREVI di EDOARDO DEVOTI 2ALS: CON GLI OCCHI DELL'ANIMA

 

CON GLI OCCHI DELL’ANIMA

 

Molto tempo fa, in un paese lontano, viveva un mago avido ma molto ingegnoso, che costruiva per arricchirsi oggetti incantati da vendere poi alle fiere dei paesini di campagna, per intascare più soldi dalle persone ignoranti che non sapevano veramente cosa fosse in grado di fare la magia. Un giorno lo stregone forgiò uno specchio magico, in grado di rivelare, tramite il suo riflesso, l’aspetto più oscuro dell’identità degli uomini, i loro difetti e i loro peccati.

Mentre si preparava a portarlo al mercato per venderlo, gli cadde l’occhio sulla superficie dello specchio, e vi vide riflesso un orribile mostro con molteplici braccia, ciascuna delle quali reggeva delle monete d’oro, e non ci mise molto a capire che era l’incarnazione della sua anima corrotta dall’avidità e votata al denaro. Preoccupato dal fatto che nessuno avrebbe comprato lo specchio se fosse stato così accurato nel rappresentare i lati oscuri delle persone, afferrò l’oggetto, lo frantumò in mille pezzi e lo gettò in un lago vicino.

Poco tempo dopo, una donna arrivò al lago con un secchio, sua sorella era incinta e non poteva prendere l’acqua da sola. A sua insaputa raccolse una secchiata dell’acqua contenente le schegge dello specchio, ciascuna delle quali manteneva il potere dell’artefatto originale. La ragazza incinta bevve di quell’acqua, e pochi mesi dopo il bimbo che nacque fu immediatamente oggetto di stupore e meraviglia. Infatti, il suo occhio destro non era un organo normale, ma aveva un’iride violetta che mandava strane scintille e bagliori. Il ragazzo mostrò fin dalla tenera infanzia di avere una spiccata abilità di giudizio, e di saper sempre individuare il colpevole quando avveniva un crimine; aveva infatti ereditato il potere dello specchio di intravedere i peccati altrui, e lo sfruttò a suo vantaggio per diventare uno stimato giudice. Il potere lo rese così freddo che cominciò a guardare le persone solamente con lo sguardo magico e giudicarle tramite quello, senza preoccuparsi di sentire perché avessero commesso i peccati che lui scorgeva o se fossero pentite o meno. Era diventato cinico e aveva completamente dimenticato cosa fossero il perdono e la compassione, accecato dal suo senso estremo di giustizia. Non ricordava ormai più cosa volesse dire prendere la mano dell’altro, sedersi a fianco del prossimo e riconoscersi uguali nel dolore e nell’errore.

Un giorno però improvvisamente, dopo un violento temporale, non ritornò mai più in tribunale o a casa sua, ma si stabilì in una grotta su una montagna dopo essersi cavato l’occhio viola con un pugnale e cominciò a dedicarsi all’insegnamento, vivendo da eremita e disdegnando le ricchezze accumulate.

Un giovane viandante, sentita questa assurda storia, decise di visitarlo, e una volta conclusa la scalata dell’impervia rupe dove viveva l’ex giudice, gli chiese i motivi del suo improvviso cambio di vita. L’uomo sorrise e iniziò a raccontare.

“Qualche tempo fa, ero continuamente perseguitato da un demone. Mi appariva come un essere molto alto, con la pelle bianca ricoperta di occhi e in volto le orbite vuote; dalle sue mani colava sangue. Non mi faceva mai del male, ma mi indicava sempre in modo accusatorio e mi sentivo la schiena scossa da brividi. Lo vedevo ovunque: attraverso le finestre degli edifici mi puntava quel suo dito accusatorio, nei canali mi attendeva per poi seguirmi passo passo e perfino dai bicchieri d’acqua vedevo il suo inquietante viso. Circa un anno or sono, mi ero perso per la città sotto un acquazzone ed ero braccato dal demone, era talmente veloce che potevo evitare il suo inseguimento solo vedendolo nei riflessi delle pozzanghere, ma man mano che acceleravo la mia fuga, lui era sempre più incalzante, tanto che dallo spavento inciampai e caddi bocconi in mezzo al fango.

Nel terrore alzai il volto, e nella pozza davanti a me vidi il mostro, fermo ed inquietante come sempre. Nella paura, avvolto solo dallo scroscio della pioggia battente, feci per strofinarmi gli occhi e improvvisamente l’immagine sfarfallò. Perplesso, riprovai a chiudere solo l’occhio magico, e la pozzanghera divenne vuota e limpida. Colmo di una sensazione nuova, cominciai a piangere, capendo che il demone ero io, il riflesso del mio peccato, colui che aveva svestito i panni del giudice per diventare un carnefice illegittimo, uno che non era più capace di riconoscere l’altro come un umano in grado sì di sbagliare, ma anche di pentirsi e ricominciare. Ora io vivo qui, su questo monte, e cerco di insegnare agli uomini che non mi credono ancora un folle ciò che io, che mi ritenevo il più saggio tra gli uomini, ho appreso: non c’è bisogno che qualcuno si senta il giudice dei peccati del mondo, perché nella sua interiorità anche lui è imperfetto come tutti gli altri, come tutti gli umani. Ognuno di noi miseri animali con un briciolo di acume in più rispetto alle altre bestie deve capire che non c’è il superiore o l’inferiore, il puro e il peccatore, siamo tutti uguali davanti al mondo, e se perderemo un giorno l’obbligo morale di tentare di mettersi nei panni degli altri e provare empatia per loro, indipendentemente dalla loro condotta, allora saremo diventati freddi e aridi, e non ci sarà nessuno su questa Terra che si sentirà amato”.

 

EDORARDO DEVOTI, 2ALS MATTEI


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