Bologna - Giunti nel centro della
famosa città di Bologna ricca di arte e di storia ci si può imbattere nel
complesso delle “sette chiese”. Il dubbio sorge spontaneo e ci si chiede come
mai al nome Basilica di Santo Stefano possano essere collegate ben sette
chiese. La risposta è presto detta perché osservando bene il complesso
arrivando da Piazza Santo Stefano si possono ammirare diverse strutture tutte
unite l’una all’altra circondate da una modesta recinzione. Avvicinandosi al portale più esterno di
quella che sembra la chiesa principale notiamo nell’arco, impresso nel marmo,
la scritta “sancta sanctorum” che vuole rimandare la memoria all’iscrizione sul
tempio di Gerusalemme che indicava il cuore pulsante della vita religiosa dell’epoca.
Come per Gerusalemme anche qui il complesso vuole essere il cuore religioso
della città di Bologna. Di fatto questo avvenne perché, per esempio, le spoglie
del Patrono della città, San Petronio hanno riposato qui fino all’anno 2000. Le chiese che compongono questo vero e proprio
monumento sono però ben distinte in quanto innalzate in epoche diverse e per
esigenze diverse. La storia inizia intorno all’anno 80 d.C, quando una matrona
bolognese decise di far costruire un tempio dedicato alla dea Iside.
Successivamente con l’avvento del cristianesimo e la comparsa con lui, del
culto dei martiri, il tempio cambiò aspetto per accogliere le reliquie dei
Santi Vitale e Agricola. Questi mutamenti continuarono fino al secolo scorso,
quando si cercò di “ripulire” la struttura da muri e porticati che avevano
fatto perdere l’imponenza di questo luogo. Come dicevo, da piazza S. Stefano la
prima struttura che ci si presenta è quella dedicata a S.Giovanni Battista con
annessa Cripta. La struttura interna è abbastanza semplice, senza colonnato e
ad una sola navata che termina con una scalinata che porta al presbiterio
sormontato da uno stupendo Crocifisso ligneo risalente al 1300. Altro gioiello
di questa chiesa è l’opera in cartapesta che raffigura Cristo morto e il
compianto della Madre. Leggenda vuole che questa statua sia stata realizzata
con le carte del gioco d’azzardo confiscate negli anni e riutilizzate
dall’artista. La seconda chiesa,
che ritengo la più affascinante di tutto il complesso è quella del Santo
Sepolcro. La struttura è molto particolare e ricorda la geometria ottagonale
dei contemporanei battisteri. Questa però al centro ha una magnifica edicola
che è copia al Santo Sepolcro di Gerusalemme. Alla base di questa, si può
accedere, a carponi, alla parte interna che vuole ricordare il sarcofago di
Cristo ma che ha, come già detto, conservato a lungo i resti del Santo Patrono
della città di Bologna. Molto probabilmente era proprio in questo punto che
sorgeva l’antico tempio dedicato ad Iside. Ne sono testimonianza due coppie di
colonne molto antiche di materiale e fattezze differenti rispetto alle altre
che compongono internamente l’ottagono. Altra particolarità di questa chiesa è
una piccola grata che si trova sul pavimento alla destra dell’edicola che fa
intravedere quelle che vengono identificate leggendariamente come le acque del
fiume Giordano. La terza chiesa è quella dedicata ai protomartiri Vitale e
Agricola. La struttura ricorda la classica chiesa romanica longobarda e ospita
i due sarcofagi di epoca altomedioevale che contenevano i due Santi. La storia
di questa chiesa è molto travagliata, nel XV secolo era stato ritrovato un
sepolcro paleocristiano riconducibile a quello di San Pietro. Il Papa di
allora, Eugenio IV, vista la grande affluenza di pellegrini in questo luogo,
che ovviamente non visitavano più la città di Roma, decise di far scoperchiare
e sommergere di terra la chiesa così da non renderla più accessibile.
Successivamente la sollecitudine dell’Arcivescovo della Rovere la riportarono
allo splendore passato. La quarta chiesa
è dedicata alla SS. Trinità ed ha una forma insolita. Inizialmente i progetti
la volevano imponente, con cinque navate, ma le modifiche nel tempo l’hanno
resa com’è oggi, ovvero un semplice corridoio con un piccolo altare in una
rientranza. Vi sono però due gioielli, il primo è sicuramente il grande gruppo
ligneo che raffigura l’adorazione dei Magi a Gesù bambino, l’altro è un affresco
che raffigura Maria gravida. Tradizione vuole che le future mamme, una volta passate
davanti a questo affresco sarebbero state facilitate nel parto. Vi è un’ultima
chiesa, adiacente il museo che ospita molte reliquie. Tra queste vi è una
benda, che dà il nome alla chiesa e che la Madonna avrebbe usato per cingersi i
capelli. Oltre a questa vi sono, sopra l’altare custodite dietro una grata di
ferro più di 500 reliquie e annessi reliquiari.
Passiamo ora alle due zone esterne
che sono circondante dalle chiese e che sono anch’esse affascinanti. Il primo è
sicuramente il chiostro, seguito dal cortile di Pilato. Il chiostro, essendo
questo un monastero non può certo mancare. Esso si presenta su due livelli con
al centro un pozzo. Sui capitelli di alcune colonne vi sarebbero delle piccole
figure che avrebbero ispirato i dannati e i purganti di Dante nella sua Divina Commedia.
Il cortile di Pilato, invece è ricco di simbologie in quanto vuole ricordate il
Lithostrotos, ovvero il luogo in cui venne condannato Cristo. Al centro del
cortile il re Liutprando donò un catino in roccia calcarea che richiamerebbe al
catino usato da Pilato per lavarsi le mani durante il processo pubblico. Altri
simboli significativi che ricordano la passione sono ad esempio: la statua di
un gallo (quello che cantò tre volte durante la notte di preghiera nel
Getsemani), o sulle pareti dietro il catino alcune scacchiere di marmo e
mattoni che simboleggiano Cristo vero Dio e vero uomo, che è risorto dai morti.
Nel complesso tutta la struttura è
veramente grandiosa e ineguagliabile. Non mi era mai capitato di vedere un così
alto concentrato di storia che racchiude così tante epoche e così tante opere
in così pochi metri quadrati. Come ho già accennato la Chiesa che ho preferito
è stata quella del Santo Sepolcro per la sua particolare struttura e finalità.
Se mi fossi fermato all’esterno non avrei mai potuto ammirare tanta bellezza.
Ma forse è proprio questa la finalità di complessi simili, chiamarci al loro
interno per calpestare gli stessi pavimenti che hanno calpestato prima di noi i
Santi della nostra tradizione, e per raccontarci la storia del tempo che passa
ma che non ci distacca dalle nostre radici.
Marco Ceriati
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