Oggi voglio raccontarvi la storia di
Juana Cecilia Hazana Loayza uccisa in modo atroce in un parchetto di Reggio Emilia,
assassinata da un uomo la cui madre fu vittima stessa di femminicidio.
Mirko Genco che ha visto la madre
vittima di quella stessa violenza, non ci ha pensato due volte e ha spento
un’altra vita innocente.
Dietro al delitto vi è sempre e
solo la stessa scusa: l’ho fatto per amore era lei che non ricambiava. La colpa
era di lei che non lo amava, era colpa sua come era colpa di Elisa uccisa da
Massimo ormai tre anni fa e come era colpa di Vanessa assassinata questo agosto.
Sempre e solo colpa della vittima, una vita strappata troppo presto, una donna
che invece di vedere sul suo viso carezze e baci prendeva schiaffi e pugni,
giustificati da un amore malato e possessivo. La violenza è atroce a
prescindere, ma quella verso le donne è proprio ripugnante, botte pugni e
violenza giustificati con amore, ma questo non è amore è solo possesso.
Quello che mi ha colpito della
storia di Juana Cecilia è proprio il fatto che la madre dell’assassino fosse
stata vittima a sua volta, per questo lui doveva proteggere e trattare con vero
amore la donna che amava, in onore anche a sua madre, ma invece per lui questo
non era importante, la cosa fondamentale, come per tutti gli altri uomini che
usano la violenza, è che la donna sia sotto il loro possesso perché: “O sei mia
o non sei di nessun altro.”
In questa giornata dove tante
scarpette rosse saranno esposte nelle piazze, stringiamoci attorno a queste
vittime, facciamo sentire la loro voce in modo tale che il rosso di quelle
scarpette arrivi a simboleggiare l’amore e non il loro sangue.
La violenza non è mai amore, la
violenza è violenza ed è inaccettabile che questa continui a perseguitare
vittime innocenti.
“E scegli una strada diversa e ricorda
che l'amore non è violenza, ricorda di disobbedire e ricorda che è vietato
morire, vietato morire”.
Vi lascio con questi versi di una
delle più celebri canzoni di Ermal Meta, bisogna imparare a ribellarsi alla
violenza perché ogni sorriso è sacro, perché la donna merita libertà, perché
quelle scarpette rosse possano tornare a vivere nel grido di chi ce l’ha fatta
a scappare.
Cattani Martina 5^A L.S.U.
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