Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido (Albert Einstein).

Prima di sprofondare nel grande sonno voglio ascoltare l'urlo della farfalla (Jim Morrison).

Il futuro, significa perdere quello che si ha ora, e veder nascere qualcosa che non si ha ancora (Haruki Murakami).

Non sono una donna addomesticabile (Alda Merini).

Il mondo che ti circonda è stato costruito da persone che non erano più intelligenti di te (Steve Jobs).

lunedì 30 maggio 2022

SALUTO AL MATTEI’S BLOG


Caro Mattei’s Blog,

ricordo bene quando sono entrata in redazione, subito mi sono chiesta: “Io scrivere articoli?! Non se ne parla proprio, gestirò la rubrica delle ricette e massimo farò qualche foto, ma io e la scrittura siamo due mondi a parte! ”.

Queste sono le parole che mi sono sempre ripetuta quando mi dicevano “prova a scrivere un articolo su un certo argomento” e invece, alla fine, ho fatto tutto: scritto di ricette, di cultura generale, ho persino scritto di attualità.  

Sono cresciuta all’interno della redazione del Matteis’blog. A dire il vero il blog è nato proprio l’anno in cui ho iniziato il percorso qui al Mattei. Prima una piccola redazione, ora un mondo scritto, all’interno del quale si sono organizzate tante attività. Come le due edizioni del concorso letterario.

Grazie al Matteis’blog ho potuto scoprire una grande passione: la scrittura che tanto disprezzavo inizialmente, ora è per me una fonte di sfogo essenziale e una delle probabili porte per il mio futuro. Perché, attraverso il lavoro e l’osservazione ho capito che il giornalismo non rimarrà solo una parentesi del liceo.

Ti ringrazio Mattei’s Blog perché grazie a te ho raggiunto grandi soddisfazioni, ricordo ancora la felicità di vedere un mio articolo sul Piacenza.it.

Ti ringrazio per i momenti in redazione a scherzare, per le riunioni di confronto dove nascevano le idee più belle.

Ti ringrazio semplicemente per questi 5 anni insieme dove siamo diventati grandi insieme e appunto perché sono diventata grande.  Ora però ti devo salutare.

Vado via con malinconia e tristezza, ma sono consapevole di lasciarti in buone mani e spero arrivi presto anche qualche nuovo studente che come me possa sviluppare una grande passione grazie a te.

Ti lascio nelle mani di una grande redazione che saluto e ringrazio perché senza ognuno di loro oggi non saresti ciò che sei e soprattutto ringrazio la Prof. Pisu, la nostra grande coordinatrice, la ringrazio per non aver mai smesso di credere in me, per avermi sempre accolto a braccia aperte quando volevo abbandonare per poi tornare, per non avermi mai imposto niente, lasciandomi sempre libertà di scegliere cosa scrivere.  

Infine ringrazio voi cari lettori, voi che avete speso anche solo dieci minuti a leggere un mio articolo, vi ringrazio perché anche voi siete una parte fondamentale del blog.

Non mi sono mai piaciuti gli adii, quindi questo non è un addio ma solo un arrivederci, perciò a presto cari lettori e grazie per questi 5 anni insieme.

Cattani Martina 5^A L.S.U.

mercoledì 25 maggio 2022

Les jeux sont faits!


Adorati lettori, l’anno scolastico è ormai agli sgoccioli. Les jeux sont faits! La gioia è sempre tanta, il caldo avanza e le aule diventano serre per le piante esotiche, quindi non molto confortevoli. Giustamente è arrivata l’ora degli svaghi, del tornare a casa all’ora che si vuole perché tanto non bisogna prepararsi per il giorno dopo. Le sveglie spariscono e gli zaini anche. Per poco più di tre mesi la noia ci assalirà e ogni cinque minuti si dirà: “e adesso che facciamo?” I più fortunati andranno in vacanza in località affollate e chi rimarrà a casa si godrà la città deserta (ugualmente affascinante). Dalle spiagge dorate della Côte d’Azur alle rosate Dolomiti ci si potrà rilassare senza pensieri, godendosi veramente il momento. Le vacanze,però, termineranno troppo in fretta (come sempre) e dovremo tornare agli zaini e alle sveglie riabituandoci ai ritmi dei mesi invernali contando i giorni che mancheranno alla settimana bianca o alle vacanze pasquali. Perché in fin dei conti, diciamocelo, è bellissimo non fare niente, e sfiderei chiunque a dire il contrario (nel caso lo dicesse non sarebbe vero). Dubitiamo da chi prova gusto ad ammazzarsi dagli impegni e dal lavoro, bisogna saper staccare la spina e pensare alle persone e alle cose. Questo non è stato un anno semplice, come non lo sono stati i tre precedenti, anche se negli ultimi mesi si respira aria di normalità più che meritata.

Speriamo fiduciosi nel futuro che vorremmo e realizziamolo.

 Marco Ceriati

martedì 24 maggio 2022

“Gli uomini passano ma le idee restano” Maria Falcone


Bentornati cari lettori del Mattei’s Blog, oggi siamo tornati per raccontarvi della nostra uscita didattica avvenuta il giorno 19 Maggio, al Salone del Libro di Torino.

Siamo partite dal cortile della scuola alle 7:15 e dopo circa due ore e mezza di viaggio finalmente ci siamo trovati davanti al famoso Lingotto, ex sede della Fiat. L'entrata della fiera era molto affollata e carica di scolaresche e persone di ogni età.

Appena entrati ci siamo diretti al primo evento con presente Maria Falcone, sorella del famose magistrato Giovanni Falcone, invitata in occasione dell'anniversario della morte di quest’ultimo: è stato molto toccante poter sentire la testimonianza di una persona così a lui vicina che ha “ vissuto con lui le sue poche vittorie ma soprattutto le sue molte sconfitte”  


Terminato l’incontro abbiamo sfruttato il tempo libero a disposizione per pranzare e visitare il Salone, molto grande e ricco di iniziative rivolte a tutti, novità letterarie e case editrici di nicchia.

Il secondo incontro, iniziato alle 13:15 ci ha dato modo di ascoltare riflessioni e pensieri di personaggi come Pif e il procuratore Caselli, ultimo rimasto a continuare il lavoro di Falcone e Borsellino. Grazie all'ironia di Pif e all’esperienza di Caselli noi giovani siamo stati particolarmente spronati allo sviluppo del nostro “ Cuore Selvaggio  



Una volta usciti ci siamo spostati verso il centro città per visitarlo in autonomia, tra un gelato e un aperitivo abbiamo concluso la nostra gita, stanchi ma felici. 



 4A LSU

Il circo delle illusioni di Amita Parikh


Il mondo delle Meraviglie è il circo più grande e incredibile nel 1938 che fa sognare grandi e piccini. Un mondo incantato e luminoso all’insegna dei colori, della musica e della magia, tra giocolieri, sirene e numeri di illusionismo, è tutto quello che Lena ha visto fin da piccola. Costretta su una sedia a rotelle fin da quando ne ha ricordo, vive relegata nella sua stanza in completa solitudine, ed è abituata agli sguardi pietosi della gente che finge di essere carina con lei e poi tornano subito ad ignorarla. Suo padre le ha sempre dato tutto: protezione, amore e attenzioni. Ma questo non basta.

Tutto cambia quando nella sua vita, all’improvviso piomba Alexander, un bambino ebreo che fugge dalla guerra. Lui la farà uscire dal guscio in cui si è ritirata e le insegnerà cosa significa l’amicizia, l’amore, la felicità e che se ci crede davvero Lena può tutto.

Ma quando un giorno i segreti di Alexander vengono a galla, Lena si sentirà tradita dalle persone più importanti della sua vita e sarà costretta a compiere scelte difficili.

 “Quell’estate il Mondo delle Meraviglie allungò il suo tour fino a una Francia libera dai bombardamenti ma gli spettacoli stavano cominciando a diradarsi velocemente quanto i capelli sulla testa di Horace”

Non riesco a spiegarvi a parole quanto questa lettura sia stata dolce ed emozionante e allo stesso tempo crudele e brutale. Questa è una lettura che cattura sin dalle prime pagine, tra amore e  passione, tra la salvezza e la morte, tra il fuggire e il voler crescere, tra le scelte di vita e ciò che si vuole veramente, non vi staccherete dalle pagine di questo romanzo.

La scrittrice è riuscita a catturare a pieno le emozioni e le sensazioni dei due protagonisti, cogliendone ogni minimo aspetto caratteriale ed emotivo. Il contesto storico è stato approfondito molto bene nonostante faccia solo da cornice all’intera storia narrata e le descrizioni del circo, degli spettacoli e dei vari attrezzi tecnici l’ho molto apprezzata perché non conoscevo quasi nulla sull’argomento ma ora mi sembra quasi di averlo vissuto.

Un libro di speranza, amore e rinascita, a tratti straziante, che scalda il cuore e ci insegna quanto noi umani siamo in grado di aggrapparsi alla vita e non smettere mai di sperare. Una storia che rappresenta un fascio di luce nel buio e nella tragedia della seconda guerra mondiale.

MARTINA SIGNORILE 4A LSU

sabato 21 maggio 2022

Quando la viabilità si fa tecnlogica


I 4 studenti che hanno aderito al progetto organizzato dalla Tutor in merito all'orientamento, informatica e grafica presentano uno dei lavori svolti durante il corso: un tour virtuale dell’Istituto Mattei per rendere accessibile digitalmente gli spazi della scuola. Il tour è stato realizzato sotto la preziosa guida del formatore Marcello Scaravella. Tutto il gruppo di lavoro è formato dagli studenti Latif Bance, Muskan Dewett, Beatrice Prati, Niccolò Stecconi coi loro docenti ed educatori e dai formatori Paola Bianchi, Marcello Scaravella e Paola Zilli"


https://www.thinglink.com/mediacard/1548987537689673730 



mercoledì 18 maggio 2022

PLANT A TREEE FOR THE JUBILEE

 


venerdì 6 maggio 2022

Basilica di Santo Stefano


Bologna - Giunti nel centro della famosa città di Bologna ricca di arte e di storia ci si può imbattere nel complesso delle “sette chiese”. Il dubbio sorge spontaneo e ci si chiede come mai al nome Basilica di Santo Stefano possano essere collegate ben sette chiese. La risposta è presto detta perché osservando bene il complesso arrivando da Piazza Santo Stefano si possono ammirare diverse strutture tutte unite l’una all’altra circondate da una modesta recinzione.  Avvicinandosi al portale più esterno di quella che sembra la chiesa principale notiamo nell’arco, impresso nel marmo, la scritta “sancta sanctorum” che vuole rimandare la memoria all’iscrizione sul tempio di Gerusalemme che indicava il cuore pulsante della vita religiosa dell’epoca. Come per Gerusalemme anche qui il complesso vuole essere il cuore religioso della città di Bologna. Di fatto questo avvenne perché, per esempio, le spoglie del Patrono della città, San Petronio hanno riposato qui fino all’anno 2000.  Le chiese che compongono questo vero e proprio monumento sono però ben distinte in quanto innalzate in epoche diverse e per esigenze diverse. La storia inizia intorno all’anno 80 d.C, quando una matrona bolognese decise di far costruire un tempio dedicato alla dea Iside. Successivamente con l’avvento del cristianesimo e la comparsa con lui, del culto dei martiri, il tempio cambiò aspetto per accogliere le reliquie dei Santi Vitale e Agricola. Questi mutamenti continuarono fino al secolo scorso, quando si cercò di “ripulire” la struttura da muri e porticati che avevano fatto perdere l’imponenza di questo luogo. Come dicevo, da piazza S. Stefano la prima struttura che ci si presenta è quella dedicata a S.Giovanni Battista con annessa Cripta. La struttura interna è abbastanza semplice, senza colonnato e ad una sola navata che termina con una scalinata che porta al presbiterio sormontato da uno stupendo Crocifisso ligneo risalente al 1300. Altro gioiello di questa chiesa è l’opera in cartapesta che raffigura Cristo morto e il compianto della Madre. Leggenda vuole che questa statua sia stata realizzata con le carte del gioco d’azzardo confiscate negli anni e riutilizzate dall’artista.  La seconda chiesa, che ritengo la più affascinante di tutto il complesso è quella del Santo Sepolcro. La struttura è molto particolare e ricorda la geometria ottagonale dei contemporanei battisteri. Questa però al centro ha una magnifica edicola che è copia al Santo Sepolcro di Gerusalemme. Alla base di questa, si può accedere, a carponi, alla parte interna che vuole ricordare il sarcofago di Cristo ma che ha, come già detto, conservato a lungo i resti del Santo Patrono della città di Bologna. Molto probabilmente era proprio in questo punto che sorgeva l’antico tempio dedicato ad Iside. Ne sono testimonianza due coppie di colonne molto antiche di materiale e fattezze differenti rispetto alle altre che compongono internamente l’ottagono. Altra particolarità di questa chiesa è una piccola grata che si trova sul pavimento alla destra dell’edicola che fa intravedere quelle che vengono identificate leggendariamente come le acque del fiume Giordano. La terza chiesa è quella dedicata ai protomartiri Vitale e Agricola. La struttura ricorda la classica chiesa romanica longobarda e ospita i due sarcofagi di epoca altomedioevale che contenevano i due Santi. La storia di questa chiesa è molto travagliata, nel XV secolo era stato ritrovato un sepolcro paleocristiano riconducibile a quello di San Pietro. Il Papa di allora, Eugenio IV, vista la grande affluenza di pellegrini in questo luogo, che ovviamente non visitavano più la città di Roma, decise di far scoperchiare e sommergere di terra la chiesa così da non renderla più accessibile. Successivamente la sollecitudine dell’Arcivescovo della Rovere la riportarono allo splendore passato.  La quarta chiesa è dedicata alla SS. Trinità ed ha una forma insolita. Inizialmente i progetti la volevano imponente, con cinque navate, ma le modifiche nel tempo l’hanno resa com’è oggi, ovvero un semplice corridoio con un piccolo altare in una rientranza. Vi sono però due gioielli, il primo è sicuramente il grande gruppo ligneo che raffigura l’adorazione dei Magi a Gesù bambino, l’altro è un affresco che raffigura Maria gravida. Tradizione vuole che le future mamme, una volta passate davanti a questo affresco sarebbero state facilitate nel parto. Vi è un’ultima chiesa, adiacente il museo che ospita molte reliquie. Tra queste vi è una benda, che dà il nome alla chiesa e che la Madonna avrebbe usato per cingersi i capelli. Oltre a questa vi sono, sopra l’altare custodite dietro una grata di ferro più di 500 reliquie e annessi reliquiari.

Passiamo ora alle due zone esterne che sono circondante dalle chiese e che sono anch’esse affascinanti. Il primo è sicuramente il chiostro, seguito dal cortile di Pilato. Il chiostro, essendo questo un monastero non può certo mancare. Esso si presenta su due livelli con al centro un pozzo. Sui capitelli di alcune colonne vi sarebbero delle piccole figure che avrebbero ispirato i dannati e i purganti di Dante nella sua Divina Commedia. Il cortile di Pilato, invece è ricco di simbologie in quanto vuole ricordate il Lithostrotos, ovvero il luogo in cui venne condannato Cristo. Al centro del cortile il re Liutprando donò un catino in roccia calcarea che richiamerebbe al catino usato da Pilato per lavarsi le mani durante il processo pubblico. Altri simboli significativi che ricordano la passione sono ad esempio: la statua di un gallo (quello che cantò tre volte durante la notte di preghiera nel Getsemani), o sulle pareti dietro il catino alcune scacchiere di marmo e mattoni che simboleggiano Cristo vero Dio e vero uomo, che è risorto dai morti.

Nel complesso tutta la struttura è veramente grandiosa e ineguagliabile. Non mi era mai capitato di vedere un così alto concentrato di storia che racchiude così tante epoche e così tante opere in così pochi metri quadrati. Come ho già accennato la Chiesa che ho preferito è stata quella del Santo Sepolcro per la sua particolare struttura e finalità. Se mi fossi fermato all’esterno non avrei mai potuto ammirare tanta bellezza. Ma forse è proprio questa la finalità di complessi simili, chiamarci al loro interno per calpestare gli stessi pavimenti che hanno calpestato prima di noi i Santi della nostra tradizione, e per raccontarci la storia del tempo che passa ma che non ci distacca dalle nostre radici.

Marco Ceriati

 

Strage a Morgano nella provincia di Treviso. Arrestato un poliziotto ubriaco che travolge in macchina un ragazzino di 17 anni.


La vicenda è avvenuta la sera di domenica 8 maggio quando la vittima, Davide Pavan, stava rientrando a casa in scooter dopo aver accompagnato la fidanzata a casa. L’agente a bordo della vettura è Samuel Seno, ventottenne in servizio nella questura di Treviso.

I carabinieri di Montebelluna stanno ricostruendo la dinamica dell’incidente cercando di capire quale dei due abbia invaso la corsia opposta, tuttavia gli accertamenti alcolemici hanno rilevato un tasso di positività nel poliziotto superiore ai limiti. 

L’impatto è stato violento e il ragazzo è stato scaraventato a decine di metri di distanza dal luogo dell’incidente.

La fidanzata aveva provato a telefonargli ma lui non rispondeva allora l’ha geolocalizzato col cellulare e ha notato che il segnale rimaneva fermo sulla strada. Da subito si è preoccupata e ha chiesto ai suoi genitori di accompagnarla sul punto indicato dal localizzatore. Dopo averlo visto sdraiato è corsa subito ad abbracciarlo. Poco dopo sono arrivati i genitori. 

Sul posto anche il 118 che ha tentato di rianimare il ragazzo ma è stato tutto inutile, ormai non c’era più nulla da fare.

Il padre non smette di piangere. «Spero che almeno tutto questo dolore possa spingere altre persone a riflettere: non ci si mette alla guida dopo aver bevuto».

«Ci fa stare ancora più male l’idea che ad ammazzare nostro figlio sia stato un agente» aggiunge la madre.

Il giorno dopo nelle scuole di Morgano è stato fatto un minuto di silenzio in memoria di Davide.

Giulia Paradisi

domenica 1 maggio 2022

PREMIO DELLA CRITICA ILLUSTRAZIONI di FRANCESCA FIORANI: LE DUE PARTI DI ME

 

L'essenza della nostra identità va oltre l'immagine che tutti vedono, il nostro sé è un complesso e meraviglioso oltre, un oltre che Francesca è riuscita a rappresentare con poetica forza d'amore. 

LE DUE PARTI DI ME sono molto più che un'illustrazione: è pura poesia.




PREMIO DELLA CRITICA POESIA di MIKELA KARAJ: ALTERITA' E IDENTITA'

 

ALTERITÀ E IDENTITÀ

Apre gli occhi per la prima volta,                              

piange a squarciagola
                                               

una bimba persa e sola,                                           

da una fioca luce accolta                                          

 

curiosa di scoperta osserva il mondo,                      

cresce, e sogna di terre lontane                                 

di viaggi infiniti e grandi carovane                             

ma un arcano istinto la segna nel profondo              

 

mai sola si dipinge nel suo pellegrinaggio                   

col principe azzurro sconfigge dei draghi                   

impara magie da benevoli maghi                               

apprende misteri da un antico saggio.                        

 

La vita la costringe a divenire adulta                           

scopre l’eterna condanna a ciò che è diverso            

un continuo rincorrersi di giudizi attraverso                

i quali la vera accettazione rimane occulta                 

 

il senile disprezzo per ciò che è giovane                    

l’essere ciò che l’altro non è,                                        

un ragionamento archetipico fa sì che                         

tra Marte e Venere, si erga un muro di rovere             

 

l’uno non esclude l’altro, quando lo conosciamo,        

Elena era tra i mortali la più bella                                

tanto che questo bastò a scatenare una guerra         

incanto e distruzione sono frutti dello stesso ramo.    

 

Quella bimba un giorno morì dimenticata                   

ma dentro di lei in realtà si celano                             

tutti coloro che in vita la conoscevano                        

essa mai dall’amore sarà abbandonata                      

 

un déjà-vu, pare la seconda volta                                

smarrita come una bestiola                                         

una donna persa e sola,                                              

tra le lacrime vien sepolta.                                          

 

 Di MIKELA KARAJ, 2ALS

 

 

 

 

 


PRIMO PREMIO RACCONTI BREVI di ZOE ZALTIERI CASTELLANA 2ALS: FORTUNATA CONTRO GLI STEREOTIPI

 

FORTUNATA CONTRO GLI STEREOTIPI

In un bel giorno di primavera mamma zebra iniziò ad avvertire i dolori del parto. Sapeva cosa stava per succedere perché quello che stava per nascere non era il suo primo cucciolo, perciò, paziente, attese l'arrivo del suo piccolo. E voilà, in men che non si dica il piccino piombò sul prato, lasciando mamma zebra senza parole: lo guardò, lo riguardò, strabuzzò gli occhi e gli diede una leccatina, lo osservò con cura e vide che era una femminuccia ma … e qui stava la cosa strana, il suo manto era alquanto inconsueto. La leccò vigorosamente, cercando di cancellare le macchie che inzaccheravano il suo pelo, ma non ci fu niente da fare. La piccola non aveva il classico ed elegante manto a strisce che caratterizza le zebre, ma una strana livrea a chiazze che ricordava moltissimo quella delle giraffe. Mamma zebra era sconvolta, quella piccina era deliziosa con le sue belle macchie giallo-arancio ma non c'entrava nulla con il resto del branco e sapeva bene che la sua vita non sarebbe stata facile, perciò la chiamò Fortunata, per augurarle il meglio anche se in cuor suo temeva il peggio. Fortunata, ignara della sua diversità, correva felice nella savana, rincorreva le sue compagne, convinta che acchiapparella fosse un bellissimo gioco, peccato che le altre piccole zebre non stessero affatto giocando ma scappando da lei, dalla sua diversità, dalla sua maculata livrea; non importava che lei fosse una zebra, che ragliasse, galoppasse o brucasse esattamente come loro; quelle macchie riuscivano a cancellare tutto il resto.

Fortunata cresceva e crescendo cominciò ad accorgersi che qualcosa non andava, perse il suo buon umore e iniziò persino a dubitare di se stessa. Non sapeva più se credere a ciò che sentiva dentro di sé, a quella vocina che gli sussurrava ogni giorno quanto si sentisse profondamente appartenente al branco o credere a quelle altre voci, fuori dalla sua mente, che la schernivano, la ingiuriavano e le dicevano di andarsene lontano da loro.

Fortunata, una mattina assolata, decise di andare a cercare lontano la sua identità, perché se non la trovava dentro di sé da qualche parte l'avrebbe comunque trovata. Salutò sua madre e, a testa bassa, si allontanò verso est, dove sorge il sole. Camminò per qualche ora e si imbatté in un branco di giraffe. Le macchie simili alle sue la rincuorarono: brucavano, galoppavano, proprio come lei; certo erano più alte e slanciate ma tutto sommato valeva la pena tentare un approccio. Dapprima le giraffe la ignorarono, il suo manto simile al loro le rassicurava, non ravvisarono in lei un pericolo e la lasciarono pascolare con loro. Fortunata raccontò ad esse la sua storia e queste compassionevolmente la ascoltarono, la accolsero con bonomia ma… c’era un ma: i giorni passavano e la piccola zebra si accorse che qualcosa non andava, la compativano, la ritenevano uno scherzo della natura e soprattutto non la volevano, bensì la sopportavano. Decise di chiedere spiegazioni al capo branco che, senza reticenze, confermò i suoi dubbi

«Non hai le nostre sembianze, sei tozza e hai una voce sgradevole. Se vuoi puoi restare ma non pretendere di essere amata» le disse la vecchia giraffa dal lungo collo elegante.

La povera Fortunata educatamente salutò e riprese il suo cammino. Mentre brucava lentamente i fili d'erba fresca, umidi di pioggia, vide in lontananza un enorme branco di gnu: grossi e scuri si muovevano come un'onda sulla prateria. La piccola zebra maculata ebbe un'idea, in mezzo a quella moltitudine nessuno avrebbe fatto caso a lei, bastava solo qualche accorgimento: si rotolò con cura in una pozza di fango e ne uscì tutta nera. Si fermò poi al sole ad asciugare e si guardò le zampe e i fianchi: erano perfetti, il colore grigio scuro del fango aveva coperto le sue belle macchie. Trotterellando allegra si diresse verso gli gnu; certo rinnegare la sua zebritudine le pesava ma in fondo occorre sopravvivere e lei non ne poteva più di vivere sola e reietta nella savana assolata. Gli gnu guardarono verso di lei, muovendo all'unisono i mille testoni allungati, in quello che Fortunata interpretò come un muto assenso. Preso coraggio, iniziò a galoppare verso la sua nuova famiglia: finalmente non sarebbe più stata sola ad affrontare pericoli e stenti. Ben presto si trovò muso a muso con il fronte del branco, chinò la testa un paio di volte, in segno di sottomissione, e attese con ansia le parole del capo che non tardarono ad arrivare.

«Chi sei? Cosa vuoi?»

I toni erano neutri e non aggressivi, così la zebra travestita da gnu si presentò, chiedendo di potersi unire alla mandria. Il grande gnu la squadrò da capo a piedi e poi diede il suo consenso.

«Come mai non hai le corna?»

Fortunata lì per lì non seppe cosa rispondere e, frugando freneticamente nella sua mente, alla ricerca di una scusa plausibile, buttò là quella che le sembrava la più credibile e cioè che, data la sua giovane età, le corna non le erano ancora spuntate, ma che sentiva un gran prurito sul capo e sicuramente, presto, avrebbero fatto capolino anche sulla sua testa un bel paio di corna. Il branco le credette e Fortunata venne accolta tra le fila degli gnu. Il grande capo la prese a benvolere e spesso si fermava a parlare con lei; la scrutava però con occhio inquisitore e la zebra in incognito temeva che avesse capito qualcosa. Una notte scoppiò un forte temporale, tuoni e fulmini squarciano il cielo d'Africa e una pioggia torrenziale cadde sul branco a portare refrigerio e la speranza di nuovi pascoli. Fortunata, stretta tra i mille corpi scuri degli gnu, si sentiva al sicuro e felice per la prima volta nella sua vita. Al mattino una grande sorpresa accolse il branco: tra loro lucido, splendente e sfacciatamente giallo-arancio se ne stava uno strano personaggio. Gli gnu, a bocca aperta, guardarono l'intruso e poi presero a battere gli zoccoli con fare minaccioso. Fortunata era stata smascherata: la pioggia aveva lavato il fango di cui si era ricoperta per fingersi gnu ed ora, imbarazzata e disperata, non sapeva più che dire o fare. Ragliò forte, un grido disperato in cui era racchiuso tutto il suo dolore e la sua rabbia.

«Sono io, sono Fortunata, non sono gnu, non sono una giraffa e forse neppure una zebra, chi sono? Qualcuno mi aiuti a capire chi sono!»

Il grande capo, solennemente, le si avvicinò e con voce tenera le disse.

«Tu sei tu e tanto basta. Sei dolce, gentile e rispettosa. Chi si ferma alle tue macchie e non vede questo, sbaglia. Non importa se non hai le strisce, il collo lungo o le corna, hai un cuore grande e un bel cervello. Sii te stessa sempre e fai che la tua esperienza ti dia la forza di portare questo messaggio al mondo: amiamo gli altri perché non sono che il riflesso di noi stessi; in ognuno di loro c’è qualcosa che li accomuna a noi e questo basta per vivere in pace. Vai Fortunata, corri nella savana con questa certezza e vedrai che starai meglio.»

Da quel giorno la piccola zebra a macchie fu felice, perché prima che lo facessero gli altri era riuscita ad accettare se stessa, nonostante la sua diversità.

 


ZOE ZALTIERI CASTELLANA, 1ALSU MATTEI


SECONDO PREMIO RACCONTI BREVI di EDOARDO DEVOTI 2ALS: CON GLI OCCHI DELL'ANIMA

 

CON GLI OCCHI DELL’ANIMA

 

Molto tempo fa, in un paese lontano, viveva un mago avido ma molto ingegnoso, che costruiva per arricchirsi oggetti incantati da vendere poi alle fiere dei paesini di campagna, per intascare più soldi dalle persone ignoranti che non sapevano veramente cosa fosse in grado di fare la magia. Un giorno lo stregone forgiò uno specchio magico, in grado di rivelare, tramite il suo riflesso, l’aspetto più oscuro dell’identità degli uomini, i loro difetti e i loro peccati.

Mentre si preparava a portarlo al mercato per venderlo, gli cadde l’occhio sulla superficie dello specchio, e vi vide riflesso un orribile mostro con molteplici braccia, ciascuna delle quali reggeva delle monete d’oro, e non ci mise molto a capire che era l’incarnazione della sua anima corrotta dall’avidità e votata al denaro. Preoccupato dal fatto che nessuno avrebbe comprato lo specchio se fosse stato così accurato nel rappresentare i lati oscuri delle persone, afferrò l’oggetto, lo frantumò in mille pezzi e lo gettò in un lago vicino.

Poco tempo dopo, una donna arrivò al lago con un secchio, sua sorella era incinta e non poteva prendere l’acqua da sola. A sua insaputa raccolse una secchiata dell’acqua contenente le schegge dello specchio, ciascuna delle quali manteneva il potere dell’artefatto originale. La ragazza incinta bevve di quell’acqua, e pochi mesi dopo il bimbo che nacque fu immediatamente oggetto di stupore e meraviglia. Infatti, il suo occhio destro non era un organo normale, ma aveva un’iride violetta che mandava strane scintille e bagliori. Il ragazzo mostrò fin dalla tenera infanzia di avere una spiccata abilità di giudizio, e di saper sempre individuare il colpevole quando avveniva un crimine; aveva infatti ereditato il potere dello specchio di intravedere i peccati altrui, e lo sfruttò a suo vantaggio per diventare uno stimato giudice. Il potere lo rese così freddo che cominciò a guardare le persone solamente con lo sguardo magico e giudicarle tramite quello, senza preoccuparsi di sentire perché avessero commesso i peccati che lui scorgeva o se fossero pentite o meno. Era diventato cinico e aveva completamente dimenticato cosa fossero il perdono e la compassione, accecato dal suo senso estremo di giustizia. Non ricordava ormai più cosa volesse dire prendere la mano dell’altro, sedersi a fianco del prossimo e riconoscersi uguali nel dolore e nell’errore.

Un giorno però improvvisamente, dopo un violento temporale, non ritornò mai più in tribunale o a casa sua, ma si stabilì in una grotta su una montagna dopo essersi cavato l’occhio viola con un pugnale e cominciò a dedicarsi all’insegnamento, vivendo da eremita e disdegnando le ricchezze accumulate.

Un giovane viandante, sentita questa assurda storia, decise di visitarlo, e una volta conclusa la scalata dell’impervia rupe dove viveva l’ex giudice, gli chiese i motivi del suo improvviso cambio di vita. L’uomo sorrise e iniziò a raccontare.

“Qualche tempo fa, ero continuamente perseguitato da un demone. Mi appariva come un essere molto alto, con la pelle bianca ricoperta di occhi e in volto le orbite vuote; dalle sue mani colava sangue. Non mi faceva mai del male, ma mi indicava sempre in modo accusatorio e mi sentivo la schiena scossa da brividi. Lo vedevo ovunque: attraverso le finestre degli edifici mi puntava quel suo dito accusatorio, nei canali mi attendeva per poi seguirmi passo passo e perfino dai bicchieri d’acqua vedevo il suo inquietante viso. Circa un anno or sono, mi ero perso per la città sotto un acquazzone ed ero braccato dal demone, era talmente veloce che potevo evitare il suo inseguimento solo vedendolo nei riflessi delle pozzanghere, ma man mano che acceleravo la mia fuga, lui era sempre più incalzante, tanto che dallo spavento inciampai e caddi bocconi in mezzo al fango.

Nel terrore alzai il volto, e nella pozza davanti a me vidi il mostro, fermo ed inquietante come sempre. Nella paura, avvolto solo dallo scroscio della pioggia battente, feci per strofinarmi gli occhi e improvvisamente l’immagine sfarfallò. Perplesso, riprovai a chiudere solo l’occhio magico, e la pozzanghera divenne vuota e limpida. Colmo di una sensazione nuova, cominciai a piangere, capendo che il demone ero io, il riflesso del mio peccato, colui che aveva svestito i panni del giudice per diventare un carnefice illegittimo, uno che non era più capace di riconoscere l’altro come un umano in grado sì di sbagliare, ma anche di pentirsi e ricominciare. Ora io vivo qui, su questo monte, e cerco di insegnare agli uomini che non mi credono ancora un folle ciò che io, che mi ritenevo il più saggio tra gli uomini, ho appreso: non c’è bisogno che qualcuno si senta il giudice dei peccati del mondo, perché nella sua interiorità anche lui è imperfetto come tutti gli altri, come tutti gli umani. Ognuno di noi miseri animali con un briciolo di acume in più rispetto alle altre bestie deve capire che non c’è il superiore o l’inferiore, il puro e il peccatore, siamo tutti uguali davanti al mondo, e se perderemo un giorno l’obbligo morale di tentare di mettersi nei panni degli altri e provare empatia per loro, indipendentemente dalla loro condotta, allora saremo diventati freddi e aridi, e non ci sarà nessuno su questa Terra che si sentirà amato”.

 

EDORARDO DEVOTI, 2ALS MATTEI


TERZO PREMIO RACCONTI BREVI di ANNA ELISABETH GULLA 3D della scuola media di Castelvetro: IO ESSERE TU

 

IO ESSERE TU

 Si sente un rumore assordante, tutto il vicinato esce di casa e corre a vedere da cosa sia stato provocato. In lontananza si intravedono delle ombre, forse una famiglia, i cui membri sono tutti molto alti, tranne uno. Non si vede molto per colpa della nebbia, ma si riescono a sentire dei suoni.

Ci avviciniamo sempre di più alle alte figure e si intravedono delle... zampe da rana!!

«Noi venuti voi qui».

Non ho capito cosa hanno detto, quindi cerco di comprendere meglio.

«Tu grosso come io».

Mi avvicino e la piccola figura  fa lo stesso.

«Tu bassa come io».

Siamo a pochi centimetri di distanza.

«Tu come me, ma umano».

Mi faccio indietro.

Non ho capito molto bene cosa intenda. Torno a casa, ma dalla finestra di camera mia continuo a osservare il grande ovale incastrato tra lo scivolo e l’altalena. Vedo la piccola figura tutta sola, fuori dalla navicella, e mi dirigo di nuovo verso di lei.

«Ciao».

Mi siedo.

«C-ciao».

«Come ti chiami?»

«Io chiamare come tu».

«Come? In che senso come me?»

«Ti chiami come me?»

«Io essere tu».

Si sente un rumore e una figura esce dal grosso ovale: è grande, molto più alta di quella con cui ho parlato.

Si guardano e la piccola figura rientra nella navicella. Controllo l’orologio e sono esattamente le 22:30, l’orario in cui mia mamma dice che è ora di andare a dormire.

Aspetto che urli…

«E’ ora di andare a dormireeee!»

L’invito autoritario arriva puntuale.

Vado a dormire e dopo qualche ora mi alzo dal letto con il fastidioso rumore della sveglia che indica che devo andare a scuola. Butto l’occhio sul grosso ovale ancora incastrato nel parco e vedo lei, la figura piccoletta che appare triste. Nel pomeriggio vado a prendere Lorenzo, il mio ragazzo, che viene a casa mia. Appena arriviamo vedo la figura pallida avvicinarsi pericolosamente.

«Tu essere lui felice io».

Sia io che Lorenzo non capiamo molto, quindi ce lo facciamo ripetere.

Dopo un bel po’ di tempo comprendiamo che il piccolo essere se ne sta tutta solo e triste perché gli manca il suo lui e credo che Lorenzo gli assomigli.

Lorenzo va via così io e lei rimaniamo sole: ci guardiamo intensamente, occhi negli occhi, per qualche istante…  quando ecco che dal mio giardino e dalla sua navicella ci chiamano per mangiare.

«Perché fai tutto uguale a me?»

 «Io essere te».

Questa frase mi rimbalza in testa per ore e vorrei spiegazioni, quindi senza finire di mangiare mi alzo e vado davanti al grosso ovale.

«Io voglio sapere di più!».

Esce la figura più alta che dice qualcosa che non capisco e rientra nella navicella, subito dopo esce la figura piccoletta.

«Tu cosa fare qui?»

«Sono qui per sapere perché dici che io sono te e tu sei me».

«Tu sedere qua, io spiegare».

Mi siedo e aspetto di sapere cosa significhi la frase.

«Noi scoperto su mondo essere te umano».

«Non ho capito…»

«Ogni noi ha umano su Terra».

«Cioè, quindi, ogni umano ha... che??!»

«Ogni tu ha un me su Luna...»

Sul più bello mi chiama mia mamma, mi alzo senza aver capito bene quello che mi era stato spiegato, ma dicono che la notte porti consiglio.

Il giorno dopo apro gli occhi con il pensiero fisso di voler comprendere di più, mi alzo, guardo fuori dalla finestra.

«Ma dov’è?»

Forse è stato tutto un sogno…alzo gli occhi al cielo e penso che in ogni altro essere, anche in quelli che ci appaiono tanto diversi e provengono da molto lontano, se osserviamo bene, possiamo trovare un po’ di noi.

 

Anna Elizabeth Gulla

Cl. 3D, Scuola Sec. I grado “G. Ungaretti”, Castelvetro Piacentino, I.C. Terre del Magnifico


PRIMO POSTO FOTOGRAFIA di ALICE FUMMI 2ALS: APPARIRE CON RITOCCO


Siamo Uno, nessuno e centomila: Alice, con un semplice scatto artistico, è riuscita a impressionare la filosofia pirandelliana. Di più. Il gioco di collage ricorda Picasso: orecchie informi, occhi e nasi ritoccati e poi il pensiero, sapientemente rappresentato da onde in movimento. Alice con APPARIRE CON RITOCCO ha dato vita ad una nuova espressione artistica, mettendo a nudo una verità: nella nostra società le identità sono troppo spesso frutto di ritocchi. 

 


SECONDO POSTO FOTOGRAFIA di MARTINA MONDIALI 4BLSU: MEDUSA

 

Cosa si nasconde dietro lo specchio? 

chi siamo veramente? 

Guardare la foto di Martina ci obbliga a porci queste domande, a chiederci chi c'è oltre lo specchio. 

MEDUSA è uno scatto artistico perché la giovane fotografa ha ricreato un'immagine all'interno dell'ovale della superficie riflettente. I giovani che hanno accettato di posare sono essi stessi un'opera d'arte con il loro gioco di sguardi 





TERZO PREMIO FOTOGRAFIA di AGATA ILLICA MADRINI 1ALSU : IL GIRASOLE

 

Lo scatto di Agata è un gioco di luci e ombre. La luce è esplosiva così come il Girasole, posto con maestria dalla giovane fotografa vicino al lampione, è un riverbero di contrasti dove il giallo del fiore fa pensare alla rinascita, alla nuova vita fatta di luce e ombre. 

Il GIRASOLE di AGATA è uno scatto che coglie la verità dell'esistenza perché - come dichiara la giovane artista: "Non sempre la realtà è come noi la crediamo".