Dal dodici anni, ogni 27 gennaio, il “Giorno
della Memoria” è una ricorrenza indelebile sul calendario di ognuno di noi.
È stata l'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria, a decretare che la liberazione, da parte dell’Armata Rossa, di milioni di ebrei rinchiusi nel campo di concentramento di Auschwitz, dovesse essere un momento da non dimenticare.
Perché l’olocausto nazista è una
tragedia che non deve mai essere dimenticata.
La storia ci mette sempre davanti a un
bivio, ci interroga sul nostro operato e ci mostra un possibile futuro.
Israele… abbiamo tutti davvero presente
la situazione di questo Stato, nato dalle ceneri della seconda guerra mondiale?
Alle volte ho la sensazione che noi
ragazzi crediamo di sapere, ma che in realtà non conosciamo davvero il
significato di quanto è accaduto più di settant’anni fa. Perché per noi giovani
il tempo è solo una parola che – forse – inizieremo a contestualizzare più in là,
quando il tempo sarà molto più che una parola anche per noi.
Iniziamo quindi a raccontare la storia degli
ebrei, non dagli inizi, sarebbe troppo lunga, ma da quel fatidico 1933, quando
Hitler iniziò la sua scalata al potere e con lui, anche la distruzione di tutto
ciò che fino a quel momento, era naturale e umano: la scelta di non guardare l’altro
come una persona da eliminare.
Le leggi antisemite apparvero, in quei
tempi di grande buio morale, qualcosa di normale, di ovvio. Una sorta di paracadute
per ogni possibile rovina. Nel frattempo la Germania ma non solo, scivolava
nella più grande decadenza umana.
Gli ebrei, grazie alla nuova politica
razzista, erano costretti a vivere in ghetti, a portare la stella gialla a sei
punte che li distingueva dal resto della popolazione.
Vennero inoltre discriminati e
licenziati.
Sappiamo poi ciò che accadde dal 1941
in poi: dopo l’emanazione della cosiddetta “soluzione finale”, tutti gli ebrei
vennero deportati nei lager, dove furono torturati, trasformati in cavie da
laboratorio per esperimenti medici e scientifici, costretti ai lavori forzati e
poi uccisi nelle camere a gas o nei forni crematori.
Questo genocidio, a causa del quale,
morirono 6 milioni di ebrei è chiamato SHOAH o OLOCAUSTO.
Il 27 gennaio 1945 i russi entrarono
per la prima volta in un campo di concentramento (quello di Auschwitz) per
liberare i prigionieri.
Quanto scritto fino ad ora è nella
memoria di tutti noi, quello che in pochi conoscono è ciò che accadde dopo.
Tra il 1947 e il 1948 l'ONU iniziò a
cercare un luogo da dare agli ebrei come loro Stato, per risarcirli – probabilmente
- dalla Shoah. È la politica di chi vince, è la politica delle facili soluzioni
che, spesso, creano altri conflitti.
Senza aspettare la decisione ONU, i
sionisti (coloro che sostenevano la creazione di uno Stato di Israele nella
regione di Canaan ), attuarono il "PIANO DALET": iniziarono a
compiere massacri e azioni di guerriglia terroristici ai danni dei palestinesi,
e il 14 maggio 1948 proclamarono la nascita dello stato d'Israele.
Israele fece poi quattro
guerre :
1.
la prima
guerra è del 1948, che per Israele è di indipendenza
2.
quella del 1956
3.
quella del
1967 è una guerra lampo, che dura solo 6 giorni e infatti viene chiamata
"guerra dei 6 giorni"
4.
l’ultima
del 1973 "guerra del kippur" (la festa della espiazione).
Come è
la situazione oggi?
Più ingarbugliata
che mai.
Oggi i
palestinesi sono rifugiati nella striscia di Gaza e in Cisgiordania (ricordiamo
inoltre che nel 1964 è nata l’OLP, organizzazione che tentava di liberare la
Palestina attraverso attentati terroristici). I palestinesi, per ribellarsi,
lottano armati di sassi, coltelli o bombe a mano, contro il forte esercito
israeliano. Questi movimenti sono chiamati INTIFADA.
Tutti
i tentativi di pace, come l’accordo di Oslo nel 2000, sono stati vani.
È nato
infine il muro difensivo israeliano, ossia una barriera di 700 km.
In
sintesi, la situazione attuale vede uno
STATO FORTE (Israele) che garantisce ricchezza e sviluppo ai suoi cittadini e
combatte contro GRUPPI TERRORISTICI che operano in nome dei palestinesi, che
però vivono in territori poveri e distrutti da guerre e bombardamenti.
È storia recente – stiamo parlando del
2017 – la decisione del presidente americano, Donald Trump, nel riconoscere Gerusalemme
capitale Israeliana (anche se tutto il mondo la considerava capitale di nessuno
Stato in quanto città sacra di ben tre religioni: ebraica, musulmana e cristiana).
Questo
articolo non vuole emettere giudizi di valore, né far pendere da una parte o
dall’altra le scelte politiche che, finora, sono state fatte.
È solo
una riflessione… triste, logorata da troppe guerre e, soprattutto è una
riflessione stanca.
Perché
ognuno di noi, nella sua breve o lunga vita, ha fatto una scelta come quella di
Abramo.
Valentina Negri 3ALSU
Laura Bersani 3ALSU
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