martedì 23 gennaio 2018

“Fahrenheit 451” di Ray Bradbury: quando recensire è un valore sociale

Data la mia passione per la fantascienza è sorprendente che non avessi ancora letto Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Vivendo in un piccolo paese con una piccola biblioteca ho deciso di leggerlo in formato e-book ma, più leggevo e più mi pentivo di questa scelta. Mi mancava l’odore della carta.
Per quanto sembri assurdo, ancora oggi molti libri vengono censurati ed è ancora molto difficile avere accesso all’istruzione in alcune parti del mondo. A più di cinquant’anni dalla sua pubblicazione il messaggio di Fahrenheit è ancora estremamente rilevante.
   Anche se il romanzo  non dà informazioni precise sull'ambientazione della storia, sappiamo che il protagonista si trova in una generica città americana in un recente futuro .
La vicenda ruota attorno a Guy Montag , pompiere proprio come suo padre e suo nonno prima di lui. Tuttavia, non è affatto il tipo di pompiere a cui state pensando. Guy gli incendi li appicca, mica li spegne. Un lavoro che a lui piace…sì, gli piace davvero tanto il suo mestiere, finché non farà l’incontro che gli aprirà il terzo occhio: un libro.
Una rivelazione, una scintilla di passione. Leggere un libro, così banale eppure, così rivoluzionario.     
Nel romanzo di Bradbury è illegale possedere libri e, se vengono trovati, è compito dei pompieri bruciarli. Ma questa non è che la punta dell’iceberg. Infatti, la storia parla del valore delle informazioni, dell’intelletto e di quell’esperienza del tutto speciale che è leggere un libro.
Se la trama non vi ha ancora convinti, ci sono moltissimi altri aspetti che rendono Fahrenheit una lettura eccezionale.

Questo libro contiene una critica mirata ad una società costituita da un’unica massa piuttosto che da singoli individui. Una critica al modo in cui le informazioni trasmesse alla televisione sono manipolate ed edulcorate apposta per essere prese e ingoiate senza fare domande. 

Fahrenheit 451 è una critica a chi le domande non se le fa proprio .  

Ma che cosa rende l’universo descritto da Bradbury una distopia? Una dittatura totalitaria? 
Le leggi contro i libri, certo, ma anche lo stesso concetto di pompiere: il fatto che dei vigili del fuoco possano irrompere in una casa brandendo un lanciafiamme. Oppure, il fatto che quasi tutti abbiano smesso di pensare e che pochissimi si ricordino come si fa. Questa è una cosa che davvero mi ha messo i brividi. Qualcosa che non si realizzerà mai – o quanto meno che ci appare improbabile  –, come un’invasione aliena, non fa paura ma,  in Fahrenheit, Bradbury sceglie un nemico decisamente più realistico: l’uso sfrenato della tecnologia, al punto da far perdere di vista agli uomini la loro individualità .

Temo che la nostra società sia pericolosamente vicina ad un simile scenario.  

Bradbury – è questa molto più che un’intuizione da lettrice – teme, forse odia la tecnologia. Lui, che amava più di ogni altra cosa i libri, chissà cosa penserebbe dei book reader. E dire che la sottoscritta ha utilizzato un lettore digitale per leggere il suo romanzo…
Volere o potere?
Forse solo combattere, ribellarsi all’omologazione di una società talmente massificata da renderci – scusate la mia personalissima distopia – tutti degli zombie.
Fortunatamente esiste la scrittura.
Spero di avervi incuriosito abbastanza e – credetemi – non vi pentirete di leggere Fahrenheit 451.
Il mio non è un semplice invito estetico, semmai un consiglio etico.

Sara Caricato 3BLS







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