Questo libro è speciale, perché racconta una storia di amicizia e di speranza fortissima quella di Martina e di Lorenzo. Due bambini che sono dei piccoli eroi, perché a differenza dei loro amici, loro combattono una guerra silenziosa la cui vittoria coincide con la vita.
Lorenzo aspetta un trapianto di midollo e il nemico di Mina è il Linfoma di Burkitt. Per loro, queste difficoltà, diventano una missione da portare a termine, come in un episodio di Harry Potter, Mina e Lorenzo affrontano la loro lotta per la vita con leggerezza, come un gioco, ma il mostro contro cui devono combattere farebbe rabbrividire perfino Voldemort.
Ma Mina è coraggiosissima, nessuno lo sa ma lei sputa fuoco come un drago, infatti MIna è un drago da quando è entrata in ospedale perché si è costruita un microcosmo con cui difendersi dai pensieri negativi e dalla forza della malattia. E sputa fuoco! Voi non ci credete? Invece dovreste perché l’acidità di stomaco prodotta dai farmaci fa crescere un fuoco dentro di lei.
La spontaneità di Mina e Lorenzo è luce pura: “Mi cadranno i capelli ma mi ricresceranno, l’infermiera dice che potrebbero crescere di un altro colore, peccato che non si possa scegliere, li avrei voluti blu”
La penna di Giulia è intima e profonda, senza la presenza di virgolette o caporali nei discorsi diretti, diventa un flusso di coscienza della nostra Martina, che ci racconta cosa vedono i suoi occhi e cosa sente il suo corpicino nel momento in cui inizia la sua missione.
“I draghi vivono in fondo alle cose. Sotto i vulcani, nel letto dei fiumi, dentro le caverne scavate nella montagna. Sono sempre soli e l’unica voce che sentono è quella del loro stomaco che brontola e allora a volte ci parlano insieme ed è per questo che fanno tutti quei ruggiti”
In un mondo in cui la morte incombe silenziosa, la fantasia e l’immaginazione costruiscono una realtà in cui esistono tunnel sotterranei, scatolette di tonno infinite e forchette che bloccano le porte delle stanze, tenendo fuori tutto il resto. Realtà dove basta stringere gli occhi per vedere il cielo stellato anche in una stanza d’ospedale, perché come dice Mina “L’universo intero ce lo abbiamo dentro gli occhi”.
MARTINA SIGNORILE
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