mercoledì 27 aprile 2022

L’uomo, la tecnica, il divenire

“Siamo passati dalle canoe alle galee, dai battelli a vapore alle navette spaziali, ma nessuno sa dove stiamo andando. Siamo più potenti di quanto siamo mai stati, ma non sappiamo che cosa fare con tutto questo potere. Peggio di tutto, gli umani sembrano più irresponsabili che mai. Siamo dèi che si sono fatti da sé, a tenerci compagnia abbiamo solo le leggi della fisica, e non dobbiamo rendere conto a nessuno. Può esserci qualcosa di più pericoloso di una massa di dèi insoddisfatti e irresponsabili che non sanno neppure ciò che vogliono?”  (Yuval Noah Harari – Sapiens, da animali a dèi)

Il quesito che si pone lo storico nel suo saggio è più che lecito. È corretto chiedersi delle proprie origini sopratutto per capire dove andremo a finire. Anticamente certi lussi potevano permetterseli solo un’elite della società, le stesse cose erano desiderio anche delle classi lavoratrici, ma questi avevano già la certezza di non poterle possedere. Poi, sicuramente dopo la rivoluzione industriale, con il passaggio dalle campagne alla città, dopo l’inizio del “sogno americano”, con l’avvento della tecnica e quant’altro, anche le persone meno abbienti hanno potuto cominciare a concedersi certi sfizi di cui prima non potevano usufruire. Di conseguenza l’interiorità dell’uomo è mutata, non pensa all’essenziale ma al sovrappiù. La società del consumo ci fa sentire delle divinità che hanno la possibilità di fare e comprare ossessivamente tutto ciò che vogliamo. Ma è realmente ciò di cui abbiamo bisogno? Di certo ricercare la nostra interiorità e il nostro essere più vero non sarebbe poi tanto sbagliato. Agli occhi del mondo lo sarebbe, ma non certo per i nostri.  Un tempo l’uomo rifletteva il suo futuro, le sue speranze e le sue richieste nella divinità. Oggi le divinità, più che essere l’uomo e Dio, sono due: il denaro e la tecnica. La prima, come già detto ha il potere di poter possedere tutte le cose materiali che vogliamo, la seconda invece è molto più complessa. La tecnica è stata una grande invenzione dell’uomo che indubbiamente ha portato molto benessere e comodità che prima del suo avvento erano impensabili. Essa però sembra essere senza inibizioni, il che dovrebbe spaventarci perché prima o poi potremmo perdere il controllo e rimanere schiacciati da ciò che abbiamo creato. La tecnica è una nuova divinità perché dà tutto e non chiede nulla in cambio, è senza limiti ed è instancabile il che ci fa credere o sperare di essere come dèi, ma quando poi arriva la malattia o la morte, non c’è tecnica che tenga e bisogna accettare il divenire. L’uomo di oggi è chiaro non è più quello di prima, non che prima fosse molto meglio sia chiaro, quando si dice che una volta c’era più solidarietà e la gente si voleva più bene, basti pensare alle due guerre del novecento e finisce subito la poesia.  Il problema è che l’uomo ha sete di potere per sentirsi superiore agli altri. Questo ha portato a tante disgrazie dell’attualità, o che l’attualità ha solo portato a galla ma che ci sono sempre state. Penso alle violenze in famiglia, in cui l’uomo deve avere il controllo completo sulla vita della donna (che evidentemente non ha saputo vedere subito la crudeltà, spesso ben mascherata dell’altro). Penso alle guerre, che per quante comprensibili ragioni possano avere, alla fine, a rimetterci è solo la povera gente che di colpa non ne ha. L’uomo del domani è inimmaginabile ma prevedibile, oggi il mondo cambia in cinque minuti, o noi potremmo morire in cinque minuti … e cosa rimarrà di noi? Probabilmente un mucchio di ossa e qualche grana di eredità da lasciare a figli e nipoti. Possiamo solo avere la certezza del passato che ci insegna che l’uomo non cambia mai, ha sempre gli stessi difetti che lo contraddistinguono dagli animali con cui ha solo una cosa in comune: lo spirito di sopravvivenza.

MARCO CERIATI

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