martedì 29 gennaio 2019
giovedì 24 gennaio 2019
Adolescenti iperconnessi ma disconnessi
“Siamo sempre più connessi, più informati, più
stimolati ma esistenzialmente sempre più soli.”
(Tonino
Cantelmi)
Da questa frase dello psichiatra
Cantelmi emerge che gli adolescenti siano sempre più isolati per colpa dei
social network e della possibilità di giocare online senza la presenza fisica
dell’altro.
Partendo da questa affermazione ho fatto una ricerca in siti
specializzati sul tema delle nuove dipendenze, tra cui quella da Internet, di
cui sembrano soffrire molti ragazzi della mia età, senza però rendersene conto.
Molti adolescenti abusano infatti dell’utilizzo
dei social network trascorrendo dalle
sette alle tredici ore extrascolastiche collegati in rete, comprese anche le
ore notturne. Secondo un’indagine dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, questo fenomeno è chiamato Vamping. Sei adolescenti su dieci
dichiarano di restare svegli fino all’alba per chattare e giocare online.
Tra i ragazzi è ormai diffusa la Nomofobia (no mobile fobia), ovvero la
paura di rimanere senza connessione. Chi tra di noi non ha mai chiesto,
arrivando in un posto nuovo “C’è il WiFi?” senza neppure guardare dove siamo e
cosa abbiamo intorno?
Passiamo ore e ore chattando,
postando foto e guardando video, con un impatto forte sulla nostra vita e sulla
nostra autostima; come dimostrano alcuni studi, la nostra autostima è
condizionata, ormai, dal numero di like e
di follower che abbiamo sui nostri social network.
È diventata una vera e propria
dipendenza quella del controllo compulsivo dei like (like addiction), dell’ossessivo paragone con gli amici e il
continuo monitoraggio delle pagine o dei profili di amici o “rivali” che non
fanno altro che aumentare sentimenti di invidia e rabbia che spesso sfociano in
hate speech, ovvero messaggi che
colpiscono in modo negativo ciò che viene pubblicato, influenzando l’umore e
l’autostima della persona offesa.
Tra i ragazzi è diffusa la moda di
farsi tra i tre e gli otto selfie al
giorno, anche in situazioni intime, che vengono pubblicati e quindi condivisi
con il mondo di internet.
Quando pubblichiamo una foto, questa
non è più di nostra proprietà, ma chiunque può salvarla, “screenshottarla” e condividerla. Non possiamo controllare ciò che
avviene dopo, e capita spesso che questo materiale venga utilizzato da persone
non sempre in buona fede: basti pensare a tutti i servizi dei media che parlano di pedopornografia che
utilizza immagini pubblicate troppo ingenuamente pensando che “resta tutto tra di noi” oppure le foto
pubblicate che vengono girate nelle chat di whatsapp
al solo scopo di prendere in giro e umiliare qualcuno.
Sono d’accordo con lo psichiatra
Gustavo Pietropolli Charmet quando sostiene, nel saggio L’insostenibile bisogno di ammirazione, che “la diffusione della moda dei selfie rappresenta una protesi alla
fragilità dell’autostima e racconta della paura di non essere visto, e quindi
di essere dimenticato”.
Anche i sociologi, oltre agli
psicologi e psichiatri, si sono occupati del tema delle relazioni nel mondo
virtuale.
Secondo il sociologo Giudo
Martinotti i gruppi all’interno dei social network sono delle “piccole società”
che permettono di creare o di rinsaldare legami di amicizia e di appartenenza.
Una visione meno positiva è quella di Zygmunt Bauman che vede il cyberspazio come luogo che elimina le
sfide e le difficoltà del costruire e mantenere un’amicizia, togliendole però
la bellezza della condivisione.
A mio avviso è proprio così, perché
l’amicizia è fatta anche di contatto, di sguardi, di scambi e di gesti.
Anche io uso molto i social (Facebook,
Instagram e YouTube) ma facendo queste ricerche per il blog, ho capito che vanno
utilizzati senza perdere il controllo e la consapevolezza di cosa potrebbe
succedere ai contenuti condivisi.
Penso sia importante, prima di
pubblicare qualcosa, spinti dalla noia, dalla rabbia, dalla voglia di attirare
attenzione, fermarsi e riflettere su dove tutto ciò potrebbe finire e le
ripercussioni sulla nostra vita.
Anna Fossati, 4ALSU
Ma come ti vesti? La moda vista dai ragazzi di oggi.
Siamo nel vivo della settimana della moda…
Milano è la capitale della moda
italiana, ma i milanesi non sono gli unici che vogliono sapere come – l’industria
modaiola – indirizza i giovani e i meno giovani: pantaloni a zampa di elefante o
stretti nelle caviglie? Scarpe a punta o rotonde. Dilemmi, dubbi esistenziali. O
forse no!
Ci siamo chieste cosa pensano i nostri
coetanei riguardo questo argomento. Abbiamo dunque selezionato alcune classi di
varie sezioni, età e indirizzi, ponendo loro dei quesiti.
Indovinate cosa è emerso…
“Sei mai stato giudicato per il tuo abbigliamento?”
“Hai mai giudicato a tua volta altre persone?”.
Queste sono solo alcune delle domande poste.
Le risposte, ovviamente, sono state differenti
e qualche volta pure contraddittorie tra loro. Perché i giovani pensano di
essere immuni ai pregiudizi e poi si scopre che non è proprio così.
La maggior parte dei ragazzi ha
sostenuto che, per quanto una persona non debba essere etichettata per il suo
modo di vestirsi, anche loro in certe occasioni sono stati i primi a puntare il
dito. Successivamente abbiamo chiesto ai
nostri intervistati se una molestia potesse essere ‘giustificata’ con la frase
tipica “con il vestito che indossava era provocante, se l’è cercata!”. A
rispondere nel modo più interessante è stato un ragazzo della 2^ Ipsia che ci
ha riportato le seguenti parole: “Purtroppo l’ignoranza esiste e gli altri ne
abusano per giustificare le loro azioni. Una ragazza non cerca le molestie né una
con il vestito corto né una con il maglione a collo alto”.
Parole sante!
Abbiamo mostrato successivamente la
foto della stessa modella ‘prima’ e ‘dopo’ l’essere una top model, ovvero prima
formosa poi più magra. La maggior parte ha votato per la ragazza del “prima”
anche se alcuni hanno preferito quella più esile. Entrambe le due posizioni
hanno però specificato che preferirebbero una via di mezzo perché – a detta di
una ragazza della 4^ ragioneria – “Il giusto sarebbe meglio, perché entrambe le
due foto proposte sono agli eccessi e sappiamo che gli eccessi non portano mai
a nulla di buono”.
Per la serie il troppo stroppia, meglio
la medietà aristotelica.
Alcuni ragazzi hanno espresso l’opinione
secondo cui la nostra società è basata sul finto perbenismo e che alla fine chi
decide cos’è bello e cosa no, non siamo noi ma gli influencer, ma ci adeguiamo senza neppure troppe critiche.
Mostrando la foto di una modella curvy abbiamo chiesto se la ritenessero
adeguata per il mondo della moda, alcuni alunni hanno espresso con tutta
sincerità che era solo un’ipocrisia: le modelle per antonomasia sono magre, anzi
magrissime e la moda non ha compiti sociali come comunicare il messaggio che essere
troppo magre non è sano, semmai vendere un prodotto. La moda è un business,
mica uno sportello d’ascolto.
Ci è venuta dunque una domanda: le modelle
sono oggetti come lo è l’ovetto Kinder o delle persone?
Forse nel mondo della moda ciò che
conta è solo la sorpresa, il resto è un vuoto a perdere.
Ciò che ci ha notevolmente colpito è
una delle risposte date da molti ragazzi. Alla domanda “qual è il tuo fisico
ideale?” la risposta è sempre stata “normale” “nel giusto.”.
Ma che significa effettivamente essere nella
norma, nel giusto?
La risposta è: ciò che tutti ritengono
tale.
Conformismo… questo sconosciuto. Ovviamente
solo a parole ma non nei gesti quotidiani.
Media e social sono i veri padroni
della conoscenza del bene e del male.
Se in Tv si propongono donne formose, il
giusto sarà la donna stile anni ’50. Se invece ci bombarda con fisici
anoressici, le cose cambiano.
Ci dispiace ammetterlo, ma i ragazzi
tendono ad essere – quasi tutti – dei conformisti
e a modellarsi secondo il pensiero dell’industria culturale.
Magari essere un poco diversi ci fa
sentire troppo diversi?
Alessia
Cipriano, Alessia kuqi, Valentina Negri, Sara Verbini, Martina Strippoli, Laura
Bersani (4ALSU)
mercoledì 23 gennaio 2019
LA DESOLAZIONE UMANA
Anche
nel momento più cupo della storia umana si può trovare un barlume di
speranza,raccontata nel capolavoro di Spielberg
Schindler's list.
A scuola impariamo non solo a conoscere i vari avvenimenti storici che hanno portato all'ascesa
del nazismo e alla promulgazione delle leggi razziali, ma apprendiamo anche a vedere le cose dal lato umano, guardando filmati e leggendo
testimonianze di uomini che avevano visto, anche solo da lontano, cosa stava
accadendo nella società del tempo.
Dopo venticinque anni dalla sua uscita nelle sale, Schindler’s list rimane uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, in grado di raccontare la storia di Oskar Schindler e della sua famosa lista.
Un film in bianco nero ambientato in uno dei
periodi più tragici della storia umana, la persona di Oskar Schindler,
l’imprenditore tedesco che salva più di 1200 ebrei dai forni crematori di
Hitler assumendoli nella sua azienda alle proprie dipendenze, sembra essere una
nota di colore in mezzo a tanto grigio. Come la bambina dal cappotto rosso, unica
luce in tanto buio.
Il fotogramma della bambinetta avvolta in un
cappottino rosso durante lo sgombero del ghetto di Varsavia da parte dei
nazisti non sembra essere una casualità. Molti critici cinematografici si sono
interrogati sul significato metaforico di quell'unico tocco di colore. La
speranza che non muore? La vita che non si lascia abbattere dalla nera morte?
In realtà ognuno di noi potrebbe dare la risposta che ritiene più opportuna a
seconda della propria sensibilità.
Il modo indelebile in cui quella piccola
adorabile vittima innocente resta impressa in mente al suo eroico protagonista,
quando la rivede con indosso la mantellina scarlatta, lui la vede mentre trasporta in una carriola un carico di cadaveri: ed è quello il momento in cui Schindler decide
di non restare più passivo di fronte alla tragedia che si consuma davanti ai
suoi occhi. Un puntino rosso brillante, nell'uniforme color notte di un capolavoro
di Steven Spielberg.
I bambini, le
donne e gli anziani venivano eliminati subito mentre gli uomini più forti
venivano sfruttati fino alla morte. Carne da macello, rifiuti umani senza più
dignità né sembianze umane. Ecco come erano ridotti gli ebrei e con loro anche
gli altri considerati “non puri”.
Tutti noi
abbiamo il diritto di vivere bene in questo mondo senza sentirci
inferiori o sottomessi e di conseguenza abbiamo il dovere di rispettarci a
vicenda.
È stato
istituito il giorno della “memoria” per far sì che non si spenga il ricordo di
ciò che è accaduto e fare in modo che questi episodi non si ripetano mai
più. Infatti, anche se non sembra, pure ai nostri giorni ci sono persone dalla
mentalità chiusa che discriminano e trattano male il “diverso”: questa è la
mentalità che va eliminata dalla nostra società per un mondo più civile e
sopratutto migliore.
Alessio Barbieri 4BLSU
“Auschwitz
è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta,mal'infezione
serpeggia.” PRIMO LEVI.
Proviamo a testare la nostra conoscenza sull'argomento?
Cosa si indica col
termine Shoah?
Inizio modulo
· Il Fascismo
·
Il Nazista
·
Lo sterminio degli ebrei
Su cosa si basava l'ideologia tedesca?
Sulla presunta superiorità genetica della razza ariana
Sulla presunta inferiorità genetica della razza ariana
Sulla presunta superiorità genetica degli ebrei
Da dove deriva la parola Olocausto?
Inizio modulo
·
del tedesco olokaustos, "bruciato
interamente"
·
dal latino olokaustos, "bruciato
interamente"
·
dal greco olokaustos, "bruciato
interamente"
Cosa significa il termine shoah?
Inizio modulo
·
catastrofe
·
inferiorità
·
superiorità
Quali erano le reali motivazioni dell'olocausto?
martedì 22 gennaio 2019
LO SPORT IN 7 NOTE
La musica e lo sport sono due tra
le attività che più coinvolgono gli individui nella loro routine quotidiana. La
voglia di mettersi in gioco, di divertirsi e le storie di campioni che hanno
dato tutto per la propria disciplina sono alcuni tra i temi più ricorrenti
della canzone d’autore e dei generi più moderni.
LA LEVA CALCISTICA DELLA CLASSE ’68 scritta e cantata da
Francesco De Gregori nel 1982: “Ma Nino
non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo
e dalla fantasia”. De Gregori racconta di un bambino che sostiene un
provino in una squadra di calcio: la paura di non farcela che ha inizialmente
lasceranno il posto alla felicità di sentire le proprie gambe che rincorrono un
pallone, per dimostrare tutto il suo talento. Nel ritornello, il cantautore
esalta i valori che un calciatore deve dimostrare nel campo di gioco, ovvero il
sacrificio, l’umiltà e l’impegno, fondamentali per il prosieguo della propria
carriera.
UNA VITA DA MEDIANO di Ligabue del 1999. Chi non conosce questa famosa
canzone del grande Liga? Nel brano viene esaltata la figura del mediano, come
Gabriele Oriali, calciatore dell’Inter e della Nazionale degli anni ’70 e ‘80
che colmava la poca tecnica con la grinta e la voglia di non mollare mai. Il
mediano, infatti, è colui che nella vita di tutti i giorni pensa prima al bene
degli altri, è altruista e soprattutto per lui la vittoria non è mai
individuale, ma il successo è sempre di tutta la squadra. Una metafora di vita
davvero bella.
CHE ABBIA VINTO O NO di Emis Killa ft. Antonella Lo Coco del 2014: “Non pensare a loro, tu vivi. Anche se i potenti fanno squadra coi
cattivi. Ancora non ti hanno battuto,
niente è perduto. Quindi credici fino all'ultimo minuto”. Il calcio
insegna anche nella vita ad affrontare le ingiustizie, a non arrendersi mai:
non esiste una fine fin quando “c’è un
secondo tempo da giocare”. Questa canzone insegna ad essere protagonisti
della propria vita, nella quale non dobbiamo solo esultare per le vittorie
ottenute, ma anche rimboccarci le maniche dopo le sconfitte e crederci sempre
fino in fondo. “Ancora non ti hanno
battuto, niente è perduto; quindi credici fino all’ultimo minuto”.
LA PRIMA DI CAMPIONATO di Luvanor ft.Willie Peyote del
2017 è una canzone dedicata a tutti gli amanti del calcio, sottolinea
l’importanza dell’avvio del campionato per i tifosi più sfegatati che ogni
domenica aspettano solo il fischio d’inizio.
GIMONDI E IL CANNIBALE di Enrico Ruggeri del 2000 è un
brano dedicato a due leggende del ciclismo, l’italiano Felice Gimondi e il
belga Eddy Merckx, detto “Il cannibale”, legati da una forte rivalità ma allo
stesso tempo da una grande amicizia. “Scivolano vite e due destini persi nel sole. L’orologio
prende il tempo e il tempo batte per noi. Non c’è più chi perde o vince quando
il tempo non vuole.
Quando la strada sale non ti voltare; sai che ci sarò”.
Quando la strada sale non ti voltare; sai che ci sarò”.
PEDALA di Frankie Hi-Rng Mc del 2014 parte da un
semplice movimento come una pedalata in bici per raccontare come nella vita
bisogna rialzarsi da ogni caduta, credere nel proprio obiettivo e continuare a
pedalare più forte. Questa canzone è stata infatti utilizzata come sigla ufficiale
del Giro d’Italia dal 2014 al 2016.
LEGGENDA ORA SEI RE di Loris Shaba del
2017, è una canzone dedicata a tutti coloro che hanno reso grandi i loro sport
grazie ai valori, alla voglia di vincere e alla capacità di reagire dopo ogni
sconfitta. In particolare, questo brano è dedicato a Marco Simoncelli, il
pilota di motociclismo italiano morto il 23 ottobre 2011 durante il Gran Premio
della Malesia. “Ho dedicato questa
canzone a Simoncelli,
perché il suo modo giocoso e solare di vivere mi ha affascinato e rapito. Mi ha
fatto capire che se guardi attentamente all’interno di ogni persona, puoi
trovare tante cose inaspettate e meravigliose.
Ringrazio i
miei genitori che hanno sempre creduto
in me e Marco, che mi
ha aiutato a non sentirmi solo”.
Mattia Pellegrini e Mattia Cipullo 4ALSU
Mattia Pellegrini e Mattia Cipullo 4ALSU
Ed ora, buon ascolto!
domenica 20 gennaio 2019
Lasciami volare papà
Ringrazia ogni giorno,
Aiuta e ama gli altri, Preparati, Perdona.
Se le parole bastassero
per lenire il dolore, allora questo RAPP sarebbe la canzone che tutti vorremo
cantare. Ma forse le parole non bastano per superare il dolore più grande che
un genitore può provare: la morte di un figlio. “Lasciami volare papà”, scritto a quattro mani da Giampietro Ghidini, padre di Emanuele e fondatore dell’associazione Ema Pesciolino Rosso, e Marcello Riccioni che negli ultimi anni ha deciso di esplorare il mondo dei giovani, focalizzandosi sui disagi che questi vivono all’interno della società, è molto più che un libro, è un vademecum in cui gli autori danno dei consigli ai genitori e ai figli su come migliorare il loro rapporto.
“Farò in modo di
guardarti negli occhi perché un genitore deve saper andare oltre le parole”.
Quasi una verità tautologica, eppure – come spesso accade con ciò che diamo per
scontato – una dimenticanza quotidiana. L’essere umano è fatto così: in perenne
sotto assedio dal divertissement pascaliano,
distratto dalle cose fintamente importanti. Il papà di Emanuele, mercoledì 16
gennaio, presso l’Istituto superiore “Mattei” di Fiorenzuola, ha ricordato ai
presenti in aula magna, che ciò che davvero conta sono gli affetti. Lo ha detto
prima la mattina, davanti a studenti commossi e trascinati dalla sua forte
dialettica – forte perché non è facile raccontare il dolore, raccontare il
ricordo che brucerà sulla propria anima per tutta la vita -, poi la sera, la
sala ancora gremita di gente, questa volta i genitori. Anche loro toccati,
forse turbati perché “il non ci ascoltate mai” dei figli con quel dolce
sottofondo musicale che modulava le parole di papà Ghidini, era urlato troppo forte per non essere ascoltato.
Una serata ricca di
emozioni, difficile non commuoversi davanti alla tragedia di un padre che parla
di amore, di perdono. Una ricerca della felicità non edonistica, semmai ricca
di esperienze. Il perdono… su questa parola si è riflettuto molto. Saper perdonare è lo zoccolo duro di ognuno di noi. Perdonare gli altri è difficile, ma ancora di più perdonare se stessi.
Giampietro Ghidini ha dovuto destrutturarsi per ristrutturarsi e trovare la pace con se stesso. Ricostruisce una parte di sé tutte le volte che racconta di Emanuele, salvando in questo modo, tutti gli Emanuele che rischiano di annegare dentro i loro disagi.
Mattei’blog
martedì 15 gennaio 2019
LA MATITA PARLANTE
Lunedì 14
gennaio, noi della 2ALSU insieme alla 2BLSU e alle classi prime e terze delle
Scienze Umane, ci siamo recate in aula magna per assistere ad un incontro con
la fondazione “La matita parlante”.
Quest’associazione
nasce a Piacenza, con lo scopo di dare un’opportunità ai ragazzi affetti da autismo.
Inizialmente abbiamo ascoltato una breve introduzione sull’autismo in generale,
i ragazzi hanno raccontato le loro esperienze e le loro passioni: è stato
affascinante vedere come chi viene etichettato in malo modo dalla società,
nasconda dentro di sé un grandissimo potenziale.
Alla fine
dell’evento i ragazzi ci hanno presentato alcuni progetti che svolgono
all’interno dell’associazione e dopo varie domande si sono congedati, rinnovando
l’invito al prossimo anno.
Martina Cattani, 2ALSU
giovedì 10 gennaio 2019
LASCIAMI VOLARE
CHI È IL PESCIOLINOROSSO
Un’associazione nata a supporto dei giovani
E' una Fondazione che ha come scopo principale il sostegno dei giovani nella forma di divulgazione e sostegno di attività di sviluppo e crescita.
In questi anni il PesciolinoRosso è diventata una community di migliaia di persone, in crescita costante, dove genitori e giovani si scambiano idee, pensieri e condividono riflessioni su temi come l’adolescenza, il futuro, la scuola e ovviamente il rapporto tra genitori e figli.
E' una Fondazione che ha come scopo principale il sostegno dei giovani nella forma di divulgazione e sostegno di attività di sviluppo e crescita.
In questi anni il PesciolinoRosso è diventata una community di migliaia di persone, in crescita costante, dove genitori e giovani si scambiano idee, pensieri e condividono riflessioni su temi come l’adolescenza, il futuro, la scuola e ovviamente il rapporto tra genitori e figli.
Il Mattei ospita la rappresentazione teatrale
Lasciami Volare
Una rappresentazione, ispirata alla storia di Emanuele, un'opera che viene portata in tour nelle città italiane in spettacoli serali e matineé nelle scuole.
Grazie all’impatto e al coinvolgimento che il teatro riesce a comunicare viene raccontata la storia del Pesciolino Rosso in modo straordinario ed emozionante.
NON MANCATE
IL 16 GENNAIO
ALLE ORE 9 PER GLI STUDENTI
ALLE ORE 20.30 APERTA AL PUBBLICO.
AULA CONNI
ISTITUTO MATTEI