venerdì 31 gennaio 2025

Visita al Campo di Fossoli e al Museo Monumento al Deportato

 Bentrovati cari lettori del Mattei’s blog, per ricordare tutte le vittime della Shoah, dopo quasi 80 anni dalla sua fine, oggi vi parlerò di un’uscita didattica che ho svolto con la mia classe lo scorso 22 gennaio 2025 a Fossoli, una frazione del comune di Carpi, in provincia di Modena, situato poco più a nord rispetto al capoluogo di provincia.Lì sono tutt’oggi conservati i resti di un campo di smistamento e concentramento, utilizzato durante la seconda guerra mondiale.

Esso venne originariamente fondato nel 1942 come campo di prigionia militare,pertanto lì venivano rinchiusi i militari catturati dai nemici di guerra.

Il tutto sarebbe proseguito nella stessa maniera fino alla resa da parte dell’Italia, precedentemente alleata con la Germania nazista di Hitler, avvenuta l’8 settembre del 1943.

Da lì in poi sarebbero stati arrestati ed imprigionati più di 600000 soldati italiani e soltanto nel mese successivo avvenne la prima deportazione.

A seguito dell’inizio della deportazione ebraica in Italia, esso divenne un vero e proprio campo di concentramento e smistamento.

Quindi esso venne utilizzato per far transitare tutti gli oppositori dei regimi giacché possedeva una posizione strategica.

Fossoli dista circa 5 km dal comune di Carpi dalla cui stazione sarebbero partiti diversi treni che avrebbero superato il confine italiano fino a raggiungere la Germania e la Polonia dove erano situati i campi di sterminio, volti all’uccisione nelle camere a gas dei nemici, come Auschwitz-Birkenau.

Infatti lì, il 22 febbraio del 1944 partì il primo treno italiano proprio con meta Birkenau, dove a bordo si trovava lo scrittore Primo Levi che fu detenuto a Fossoli poiché il suo celebre libro, ovvero “Se questo è un uomo”, inizia proprio a trattare del campo in questione.

L’utilizzo del campo sarebbe durato fino al 1970 poiché, a partire dal dopoguerra, il campo venne abitato da profughi giuliano-dalmati, cioè provenienti da zone fortemente colonizzate durante la seconda guerra mondiale (Venezia-Giulia e Dalmazia) e venne utilizzato da alcuni orfani per ospitare nelle capanne, da essi stessi restaurate, bambini abbandonati ed altri orfani di guerra.

A partire dagli anni 70 il campo rimase in un grave stato di abbandono finché la zona non venne concessa al comune di Carpi, nel 1984.

Oggi lì si trovano i resti dei mattoni che componevano le antiche baracche dove venivano imprigionati i nemici di guerra, come quelle della scuola.

Nel pomeriggio poi ci si è spostati a Carpi per visitare il museo “Monumento al deportato”, creato da Luigi Banfi e Lodovico Belgioioso,con un importante intento; il tutto non è divulgativo, bensì emotivo.

Quindi l’obiettivo del visitatore del museo è riuscire ad immedesimarsi in quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale, osservando i reperti autentici lì conservati. 

Tra questi ultimi troviamo lo scudiscio, utilizzato per frustare il punito, i pigiami a righe con sopra riportati i numeri ed i triangoli colorati, usati per indicare gli specifici puniti, il filo spinato, le posate arrugginite, i manifesti dei regimi e persino le foto dei detenuti dei campi e dello Zyklon B, ossia il gas tossico usato per uccidere nelle camere a gas i prigionieri, in soli quindici minuti.

Inoltre sui muri delle sale, oltre ad essere incise opere che rappresentano la morte ed il dolore, subiti durante l’Olocausto, sono incise delle lettere scritte dai detenuti negli attimi prima di morire tra cui ne spicca una veramente degna di nota.

Essa fu scritta da Odoardo Focherini, intellettuale cattolico italiano, che riuscì a creare un’organizzazione clandestina per far evacuare dal campo diversi ebrei, motivo per il quale venne beatificato dal papa Benedetto XVI il 15 giugno 2013.

Infine la stanza finale è la più impressionante poiché sono riportati nome e cognome di 14314 vittime italiane dei lager,tra cui troviamo Alberto Segre, padre della senatrice Liliana, e sono solamente ⅓ del totale italiano.

Tirando le somme di quanto visitato, ciò che ho apprezzato maggiormente è stato l’essere riusciti, a distanza di anni dalla fine della seconda guerra mondiale, a mantenere l’autenticità dei reperti storici che permettono a chiunque li osservi di percepire il senso di disumanizzazione, esclusione e dolore che le vittime della guerra hanno vissuto sulla propria pelle.

Consiglio caldamente a chiunque la visita di queste due località emiliane per tenere vivo il ricordo della strage mondiale più grande che sia esistita.

Francesco Maccagni 4BLSU




0 commenti:

Posta un commento