Questa è la storia di Vanessa
Zappallà, uccisa nella notte del 23 agosto da 7 colpi di pistola provenienti
dalla macchina su cui si trova Antonino Sciuto suo ex compagno. Sono le 3 di
notte e Vanessa sta camminando tranquillamente con gli amici quando sopraggiunge
l’auto di Antonino a cui lei si avvicina per dargli un’altra occasione e lui
nonostante tutto, nonostante le denunce, il carcere e i domiciliari, durati
solo 2 forse 3 giorni, non ferma la sua follia e mette in atto ciò che
prometteva da tempo: “Ti ucciderò con dei colpi di pistola!” Le avevano detto
di stare attenta, ma lei mi tranquillizzava dicendo che la sua era solo
gelosia!”, così scrive un’amica in uno sfogo su Facebook, raccontando poi anche
che, nonostante l’ultimo provvedimento messo in atto su Antonino (trovato poi
impiccato la mattina di lunedì), ovvero un’ordinanza restrittiva di 200 metri,
il dramma si è concluso quasi fosse una cronaca di una morte annunciata.
Ho letto molto su questa storia, ma
quello che mi ha colpito di più sono i numerosi commenti dove viene ribadita
l’idea che in casi come questo i provvedimenti da mettere in atto dovrebbero
essere più severi.
Perché non intervenendo mai? O se
lo fanno è solo in modo superficiale e a pagare sono sempre e solo donne come
Vanessa, anime pure strappate alla vita troppo presto.
Il possesso non è mai amore è
solo puro egoismo!
Cattani Martina, 5^A L.S.U
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