La televisione pubblica è una parte di “servizio culturale” che fornita dallo Stato e che si rivolge a tutti i cittadini (che possiedono ovviamente un televisore o un pc, o qualunque strumento video) per la loro educazione. A differenza della tv pubblica, la televisione privata ha un emittente televisivo che trasmette a livello locale (es. trasmissioni come “tele Lombardia”).
Ai giorni d’oggi entrambe le televisioni puntano sull’intrattenimento e sul coinvolgere quanti più spettatori possibili utilizzando, talvolta, strategie diverse che vengono utilizzate per fare concorrenza, che è un cardine fondamentale della televisione di oggi. Per la competizione si usano strategie diverse e una delle tante è sicuramente la cura con cui vengono scelti i conduttori nei vari programmi televisivi preferendo, la maggior parte delle volte, visi riconoscibili ai quali il pubblico si affeziona con il passare del tempo.
Ma per fare tali scelte, quali criteri devono utilizzare?
Partiamo dal presupposto che ogni giorno viviamo in un ambiente meritocratico, ovvero un ambiente dove ti vengono conferiti meriti, che siano materiali o di ordine morale, che si basano soltanto in relazione con i meriti individuali.
Ma siamo sicuri che certi meriti vengono davvero considerati per il loro valore?
Al mondo ci sono miliardi di persone che o per lavoro o per studio o per imprese degne di essere premiate, ricevono dei meriti.
Perché la Meritocrazia dovrebbe essere trasparenza, uguaglianza e soprattutto, Merito.
Tuttavia però non è sempre così. Perché, quante volte abbiamo pensato che una cosa fosse immeritata o ingiusta? Quante volte pensiamo di meritare qualcosa di più rispetto ad un’altra persona? Quante volte ci chiediamo “Perché a lui/lei sì e io no”?
E se provassimo a spostare queste domande puntando il dito sul nostro Paese potremmo capire come la meritocrazia non viene usata nella maniera più esatta. Basti pensare all’ultimo ma non ultimo episodio di cronaca recente, che ha visto coinvolto Amadeus, famoso presentatore Rai, e tutte le “bellissime” conduttrici nella prima conferenza stampa di Sanremo.
In breve tali conduttrici sono state presentate con “donne capaci di stare un passo indietro al proprio uomo” (riferito alla fidanzata di Valentino Rossi, Francesca Sofia Novello), “uno dei volti storici più belli del TG1” (riferito a Laura Chimenti) ma, soprattutto, come “bellissime”, “simpaticissime” e (ancora) “molto belle”, come se la bellezza fosse un merito e non un caso biologico.
Pensandoci, la cosa che fa più riflettere non è tanto il fatto che sia successo ad una conferenza per l’inizio del festival di Sanremo o che lo abbia detto Amadeus, quello che può far riflettere e che da più tristezza è che, ancora una volta e ancora nella società di oggi, nonostante si siano fatti passi avanti si continuano a fare sempre gli stessi errori pregiudizievoli. Fa riflettere come queste donne siano state scelte solo per il loro aspetto fisico e non per i loro meriti o per la loro bravura, perché agli occhi esterni sembra facile ma in TV, nolenti o volenti, devi rispettare certe regole.
Se non le rispetti? Sei fuori.
Potremmo anche pensare come sarebbe stato se lo avessero detto di un uomo.
Perché qui non si sta parlando di generi, ma di persone. Persone che, a prescindere dalla loro identità morale, vengono caratterizzati attraverso stereotipi antichi e mai davvero visti come tali. Assumere per un lavoro qualcuno per la bellezza e non per la bravura, a meno che il lavoro non sia quello di modella, direi che si rischia di creare dei fraintendimenti di non poco conto. Come ad esempio che chi non è bello non ha diritto neppure di un lavoro.
Direi che il presupposto è sbagliato per principio.
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