martedì 30 aprile 2019

Lasciamoci influenzare da Aya Mohammed


Welcome or Welcome back ragazzi e ragazze, oggi vi ho portato un articolo un po' diverso, perché si tratta di un'intervista.

Ho avuto il piacere e l'onore di intervistare una influencer che seguo molto. Sto parlando di Aya Mohammed, nota su instagram e sul suo blog come @milanpyramid.

Ho voluto intervistare Aya perché l’ammiro molto, è una di quelle poche persone che utilizza i social come mezzi di comunicazione dove condivide, giornalmente, momenti della sua vita, opinioni personali, video di make up, piccoli approfondimenti sull'Islam e spesso risponde alle domande che le vengono fatte riguardo la sua religione.
Nel caso la voleste seguire sul suo blog (e ve lo consiglio vivamente) la trovate come milanpyramid.com e su IG come @milanpyramid.

Mi sono dimenticata di dirvi che ha anche un canale YouTube: MILAN PYRAMID.

Ma bando alle ciance e ciancio alle bande ecco a voi l'intervista:

D.   Al giorno d’oggi si può dire di aver riscontrato un etnocentrismo[1] all’interno delle diverse culture? Se sì, secondo te, come si potrebbe eliminare questo atteggiamento?

R.  L’etnocentrismo è sempre esistito, in tutte le culture. Al tempo del colonialismo europeo nei paesi africani o asiatici, gli europei ritenevano tutte le altre civiltà barbariche e primitive, nonostante queste vivessero in un proprio sistema di ordine. Quest’ultimo però non era “conforme” a quello europeo e quindi considerato incivile. Come esseri umani il nostro unico metro di misura si basa su ciò che conosciamo, lo sconosciuto viene misurato in base a ciò che conosciamo. Tutte le culture hanno un atteggiamento etnocentrico: in Russia una persona che sorride senza un evidente motivo viene vista come poco seria o stupida, mentre in altre culture è un forma di accoglienza e cortesia. La situazione in cui viviamo oggi io non la definirei etnocentrica semmai come una forte xenofobia nata dal disagio economico e alimentata dalla corruzione.
Ad esempio a Udine, il regolamento comunale mette al bando i bambolotti con la pelle scura dall'asilo nido.[2]
E’ interessante ciò̀ che è accaduto perché contrasta esattamente con ciò̀ che volevano realizzare: ridurre la possibilità di emarginazione, mettendo a disposizione più̀ diversità̀, ma hanno totalmente negato questa azione positiva. Tuttavia, penso che il cambiamento debba anche partire un poco più in alto... dai genitori stessi, dalle maestre e i professori. Perché se i bambini crescono con una certa logica è perché̀ gli è stata insegnata!

D.                Hai sperimentato in prima persona che cosa significa essere una ragazza mussulmana​ in un paese prettamente cristiano, secondo te come potrebbe essere vista una ragazza italiana in un paese prettamente islamico?

R. Sono nata in Egitto ma all’età di 3 mesi sono tornata in Italia con i miei genitori che vivevano qui da molti anni. Sono cresciuta come una qualsiasi ragazza italiana, ma con una famiglia piena e ricca di una cultura africana, araba, e musulmana. All’età di 18 anni ho preso autonomamente la decisione di indossare il velo islamico (HIJAB).
Nel paese dei miei genitori, l’Egitto, che è per la maggior parte musulmano, vive una percentuale del 10% (in media) di cittadini cristiani. In Egitto ci sono molti luoghi dove nella stessa via hai una moschea e una chiesa, hanno sempre vissuto pacificamente assieme. Tuttavia gli eventi degli ultimi anni con la primavera araba hanno scatenato attacchi e odio da entrambe le parti. Ugualmente la situazione era in Palestina prima del ‘48, dove abitavano musulmani, cristiani ed ebrei insieme. Le tensioni si creano nascono quando un certo ceto della popolazione teme per la propria incolumità e sopravvivenza e incolpa un altro gruppo di questa situazione. La quale si potrebbe complicare: prendiamo come esempio un paese come l’Arabia Saudita che è una monarchia dittatoriale. Del resto durante il corso della storia le persone hanno compiuto delle atrocità in nome della religione, ricordiamoci le crociate cristiane.

D.  Quali valori della tua religione vorresti approfondire ed esporre alla società di oggi?

R. Esistono tantissimi stereotipi e concezioni errate divulgate ogni giorno dai mass media e rinforzati da un sistema politico economico non favorevole, che io vorrei veramente rompere e riscrivere con la verità̀. La mia religione è basata sulla pace, e contiene un’umanità immensa. Il corano stesso nasconde delle meraviglie di poesia e arte che solo chi ne è appassionato può cogliere. Allo stesso tempo contiene anche un’ampia sapienza scientifica, perché per noi religione e scienza non si separano. Dette leggi sono come una costituzione, perché ognuno conosca i propri diritti, ma conosca anche il proprio dovere nel rispettare quegli degli altri.

D.  Cos’è per te la religione?

R.  Non penso di aver mai conosciuto una persona che non credesse in qualcosa. Ho conosciuto persone che non credevano nell’esistenza di Dio ma nell’universo, o persone che non erano Cristiane ma sentivano che ci fosse Dio, o semplicemente persone che credono nelle gemme e negli oroscopi. Io penso che tutti noi abbiamo una certa spiritualità, anche se non la etichettiamo con un nome. Questa è la nostra speranza. Perché la religione è speranza.

D.  Vorresti dire qualcosa ai nostri lettori?

R. Create ponti! Basta veramente poco. Se hai un pregiudizio verso una persona, trova il coraggio di andare a parlarci e scopri se quel pregiudizio è fondato sul vero. Magari dopo aver preso insieme un caffè o un gelato si può scoprire di essere molto più̀ simili di quanto si pensi.

Ultima cosa: un consiglio alle persone che non riescono a dire apertamente di essere religiose a causa dei pregiudizi che questa sottospecie di “coming out” può portare: è una questione di crescita personale e identificazione, è un viaggio alla scoperta di se stessi. Ad un certo punto durante questo viaggio troveranno la forza e la fierezza di mostrare chi siete.

Di Suha Marmash, 2ALSU 

[1] l’Etnocentrismo è tendenza a  giudicare le altre culture ed interpretare in base ai criteri della propria, proiettando su di esse il proprio concetto di evoluzione, di progresso, di sviluppo e di benessere, basandosi su una visione critica unilaterale

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